Il Vangelo della gioia trasformi la nostra vita



Il Dio della pace, il Cristo annunciato da Giovanni e che sta per venire, il Messia venga ad abitare il nostro cuore, le nostre comunità, le nostre città e ci renda capaci di essere testimoni del vangelo della gioia...


Cari fratelli e sorelle, cari amici volontari dell’Avis e ragazzi, giovani e adulti Scout, oggi è la domenica della gioia nel cammino di Avvento, cammino di preparazione al Natale. E non poteva esserci una gioia più grande di questa celebrazione eucaristica che ci vede uniti attorno all’altare, guardando al Natale, desiderando incontrare il Figlio di Dio, che prende dimora in mezzo a noi, viene ad abitare in città. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio. Continua la lettura delle pagine del profeta Isaia, pagine di gioia e di speranza per un popolo afflitto e demotivato. Il profeta si sente chiamato da Dio per “portare il lieto annuncio” a chi vive nella povertà e nella miseria, “a fasciare le piaghe dei cuori spezzati”, “a proclamare la libertà degli schiavi”, “a scarcerare i prigionieri”. Nell’attualità cosa richiamano queste parole di Isaia? Sono parole di grande attualità. Infatti, sono milioni, quasi sei, i poveri nel nostro Paese. Tra essi ci sono anche più di un milione e mezzo di bambini. Come tanti sono i cuori spezzati: dalla violenza in famiglia, dalla morte tragica, dalla sofferenza che non sempre trova qualcuno vicino, prossimo. Molte poi sono le vittime di tratta, per prostituzione o per sfruttamento lavorativo, persone che spesso provengono da altri Paesi del mondo, persone che sono ingannate, picchiate, abbandonate; come numerosi sono anche i carcerati, spesso malati o segnati da dipendenze gravi. Anche nella nostra città incontriamo questi volti queste storie. Infatti, centinaia di poveri anche nella nostra città frequentano le nostre mense o chiedono aiuto. Molti sono i malati nei nostri Ospedali, a cui voi volontari dell’Avis siete particolarmente vicini anche senza conoscerli, grazie al dono del sangue; o i disabili o gli anziani soli, che voi Scout avete incontrato durante la pandemia portando la spesa. Anche nella nostra città c’è un carcere con oltre 300 detenuti, lontani dagli occhi e dal cuore di tanti. La gioia che il Signore viene a portare a Natale tocca soprattutto loro. E’ una gioia che trasforma, quella che il Signore porta a Natale, come ricordano le parole del profeta Isaia, perché ci veste di nuovo (ci avvolge nel mantello), ma soprattutto perché ci fa gustare i doni di Dio: la giustizia e la pace. Il Natale consola il suo popolo e la prima ad essere consolata e a consolare è Maria, come ci ha ricordato il salmo responsoriale con il canto del Magnificat: ecco perché questa chiesa è intitolata a S. Maria della consolazione. Non solo a portare la gioia, ma ad essere “sempre lieti” è l’invito che ci fa l’apostolo Paolo. Paolo parla alla comunità di Tessalonica, che aveva tante paure, soprattutto la paura del futuro, invitandola a vincere le paure nella preghiera, nel fare il bene, così da prepararci a incontrare il Signore. Anche noi abbiamo spesso tante paure che ci tengono lontani dagli altri o che non alimentano la speranza del domani. Anche la situazione ambientale, con i cambiamenti climatici, segnata dal nostro egoismo, che non ci aiuta a fare scelte importanti in ordine al consumo – come ci ha ricordato Papa Francesco nell’esortazione apostolica Laudate Deum – non ci aiuta a sperare, come pure le guerre attorno a noi, che sembrano alimentare di più odio e divisioni. Ma “Il Dio della pace – ci ricorda l’apostolo Paolo – ci santifica interamente, anima e corpo, e ci aiuta a sperare. E ci sono uomini e donne, ieri come oggi, che ci aiutano a sperare. Sono uomini e donne che fanno del dono, - di una cosa, del tempo della vita – la cifra, l’abito della loro vita. Uomini e donne che come S. Giovanni Battista – ricordato nella pagina evangelica – non hanno paura di dare la vita per testimoniare la luce in mezzo al buio, “voce di uno che grida nel deserto”, di preparare la strada al Messia, al Figlio di Dio. Giovanni il Battista è interrogato, ma non è ascoltato dai sacerdoti e dai leviti. Forse anche noi non ascoltiamo la parola di chi ci ricorda la verità delle cose, chi ci richiama la centralità dell’amore a Dio e al prossimo, la necessità di ricercare la giustizia e la pace. Penso alle parole di Papa Francesco in questo tempo di guerra, che chiedono pace, e sono spesso fraintese. Alle parole sempre del Papa sulla salvaguardia del creato, naufragate alla COP 28 di Dubai. Alle parole di fraternità di Papa Francesco che invitano a rispettare l’altro, chiunque esso sia, a salvare la vita a chi parte, fugge dalla sua terra dove non ha più nulla se non le lacrime per piangere la morte dei cari o la distruzione di tutto ciò che aveva. Papa Francesco, nella sua anziana età e nella sua sofferenza, successore di Pietro, il primo nella carità, in questo tempo è come Giovanni Battista. Cari fratelli e sorelle, cari volontari dell’Avis e Scout, non chiudiamo i nostri orecchi a queste parole natalizie del Papa, perché preparano la gioia, la pace, la giustizia del Natale. Alimentiamo, invece la sua voce, dando voce a chi è ultimo e non primo, a chi soffre, a chi è solo. Il Dio della pace, il Cristo annunciato da Giovanni e che sta per venire, il Messia venga ad abitare il nostro cuore, le nostre comunità, le nostre città e ci renda capaci di essere testimoni del vangelo della gioia. Così sia.

Ferrara 16/12/2023

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