San Maurelio ha spalancato le porte a Cristo
Un Vescovo che veniva da un Paese lontano
Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri, ritorna come ogni anno la festa di S. Maurelio, con S. Giorgio titolare di questo Santuario e copatrono della città di Ferrara dal XV secolo, dove veneriamo dal XII secolo il suo corpo. Con Lui Vescovo è iniziato il cammino della nostra Chiesa, oggi di Ferrara-Comacchio, verso la metà del VII secolo, anche se la presenza dei cristiani da alcuni secoli era nota attorno alla Chiesa di Voghenza, prima Diocesi. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio. La pagina dell’Apocalisse è un invito ad aprire le porte a Cristo, appello che hanno ripetuto soprattutto San Giovanni Paolo II, nel discorso d’inizio del suo Pontificato, il 22 ottobre 1978: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna”. Un invito anche noi, che spesso viviamo nel timore e nell’incertezza, a spalancare le porte del nostro cuore all’amore di Cristo, come ha saputo fare S. Maurelio, fino al martirio. Ma anche un invito a spalancare le porte delle nostre comunità a chi è solo, malato, straniero, carcerato, giovane o anziano, che sono i volti che Papa Francesco ci ha ricordato nella Bolla giubilare e per i quali siamo chiamati a costruire ‘segni di speranza’. Come S. Maurelio, anche noi siamo chiamati ad ascoltare “ciò che lo Spirito dice alle Chiese”, anche attraverso il magistero dei suoi Pastori. Siamo in attesa di un nuovo Pontefice, di un nuovo Padre nella fede, centro di unità e della carità delle Chiese. I cardinali sono in ascolto dello Spirito per poter scegliere: accompagniamo nella preghiera, con l’intercessione di S. Maurelio, questo momento storico della Chiesa. La pagina di San Paolo ai Corinzi sottolinea l’impegno di Paolo, l’ultimo degli apostoli, nell’ annuncio del Vangelo. E’ stato anche l’impegno di S. Maurelio nella nostra città e terra, è il primo impegno di ogni Vescovo, successore degli apostoli. Ma il Vangelo non è semplicemente un libro da leggere, è la storia di Gesù, dell’umanità del Figlio di Dio, delle sue parole e dei suoi gesti. Il Vangelo è un libro di cui essere ‘servi’ – ricorda Paolo – servi della Parola del Signore che deve arrivare dappertutto, per salvare tutti. Siamo chiamati – ricorda Paolo – a “fare tutto per il Vangelo”, ridisegnare la nostra vita sulle parole e i gesti di Gesù. San Maurelio ha lasciato la sua terra, la sua città di Edessa, attualmente in Turchia per accogliere l’invito del Papa a diventare Vescovo di Voghenza e successivamente primo Vescovo di Ferrara, secondo una tradizione, e annunciare il Vangelo nella nostra terra e nella nostra città. L’incontro è sempre stata al centro della vita e della cultura cristiana, fin dai primi secoli: il Vangelo è stato comunicato attraverso l’incontro e non lo scontro, accogliendo in città anche un uomo, un Vescovo che veniva da un Paese lontano, come la Turchia. La cultura dell’incontro è stato uno dei temi anche del Magistero di papa Francesco: un’eredità da coltivare per rinnovare le nostre città, la nostra Chiesa. “Oggi, dietro le mura dell’antica città c’è l’abisso, il territorio dell’ignoto, il deserto – scriveva Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti -. Ciò che proviene di là non è affidabile, perché non è conosciuto, non è familiare, non appartiene al villaggio. È il territorio di ciò che è “barbaro”, da cui bisogna difendersi ad ogni costo. Di conseguenza si creano nuove barriere di autodifesa, così che non esiste più il mondo ed esiste unicamente il “mio” mondo, fino al punto che molti non vengono più considerati esseri umani con una dignità inalienabile e diventano semplicemente “quelli”. Riappare «la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità” (F.T.28). Occorre invece aprirsi all’incontro, che significa aprirsi al nuovo, all’altro, che significa anche aprirsi alla realtà, senza mistificazioni. Scriveva ancora Papa Francesco: “La vera saggezza presuppone l’incontro con la realtà. Ma oggi tutto si può produrre, dissimulare, modificare. Questo fa sì che l’incontro diretto con i limiti della realtà diventi insopportabile. Di conseguenza, si attua un meccanismo di “selezione” e si crea l’abitudine di separare immediatamente ciò che mi piace da ciò che non mi piace, le cose attraenti da quelle spiacevoli. Con la stessa logica si scelgono le persone con le quali si decide di condividere il mondo. Così le persone o le situazioni che hanno ferito la nostra sensibilità o ci sono risultate sgradite oggi semplicemente vengono eliminate nelle reti virtuali, costruendo un circolo virtuale che ci isola dal mondo in cui viviamo” (F.T.47). La vita è fatta di incontri: “la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro” (F.T. 66). Siamo in una basilica, in un santuario che ha respirato e testimoniato per secoli la spiritualità benedettina olivetana, che ha promosso anche il culto di S. Maurelio. “Benedetto esigeva che i poveri e i pellegrini fossero trattati «con tutto il riguardo e la premura possibili» - scriveva ancora Papa Francesco. L’ospitalità è un modo concreto di non privarsi di questa sfida e di questo dono che è l’incontro con l’umanità al di là del proprio gruppo. Quelle persone riconoscevano che tutti i valori che potevano coltivare dovevano essere accompagnati da questa capacità di trascendersi in un’apertura agli altri” (F.T. 90). La pagina evangelica di Luca riporta un dialogo tra Gesù e i discepoli, su un tema che spesso ritorna nei dialoghi ecclesiali e anche civili: “chi tra i discepoli poteva essere considerato il più grande”. E’ una pagina che aveva interpellato certamente anche S. Maurelio figlio di un re ed erede al trono. A questa domanda Gesù risponde che il più grande è chi si fa piccolo, umile, chi serve e costui meriterà il regno dei cieli, la vita eterna. E S. Maurelio ha raccolto questo invito di Gesù e ha lasciato tutto, diventando servo del Vangelo, fino a dare la sua vita. Cari presbiteri, cari fratelli e sorelle, la cultura dell’incontro e del servizio che ci ha regalato il Vescovo santo Maurelio, venuto da lontano a portare il Vangelo alla nostra città e terra, caratterizzi ancora oggi la vita della Chiesa e della città, nelle quali siamo chiamati ad essere ‘servi’: servi della Parola, servi della Chiesa, servi dei fratelli e delle sorelle, soprattutto che sono nel bisogno. Così sia.
Santuario di S. Giorgio e S. Maurelio - Ferrara 07/05/2025
Commenti
Posta un commento