San Francesco, povero, umile e mite



San Francesco, con il suo esempio e il suo messaggio, non ha mai perso la sua modernità...


Cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi la festa di S. Francesco, a cui è intitolata questa basilica, in comunione con la comunità dei francescani conventuali e con le monache del monastero delle Clarisse, presenza e testimonianza viva di fede, speranza e carità nella nostra Chiesa. S. Francesco, con il suo esempio e il suo messaggio, non ha mai perso la sua modernità, tanto che l’attuale Papa ha pensato a Lui per il suo nome. Il nome di Francesco richiama infatti, quello di un giovane che ha applicato alla lettera la pagina evangelica del giovane ricco, in cui Gesù invita il giovane ad andare, vendere tutto ciò che ha per darlo ai poveri e seguirlo. La povertà, da quel momento, è diventata, scelta di vita per S. Francesco, ‘sorella’, compagna di viaggio nella missione. Il suo stile di dialogo ha avvicinato mondi e religioni, in particolare la religione cattolica e la religione islamica, in un momento di lotta e di guerra tra le religioni: un dialogo di grande attualità. La sua riforma ha innescato la riforma della Chiesa. Povertà, dialogo e riforma sono tre temi che stanno emergendo anche nel cammino sinodale, sia della Chiesa universale che delle Chiese in Italia, che si stanno interrogando come valorizzare le strutture, quale dialogo con il mondo e le altre Chiese e religioni, quale riforma della vita delle nostre comunità spesso stanche e affaticate, ripetitive nei gesti, incapaci di comunicare la gioia del Vangelo. Ci mettiamo in ascolto della parola di Dio. La pagina del Siracide, con l’indicazione del tempio da ricostruire, ma anche di una vita nuova, ci rimanda alla prima azione di S. Francesco che ricostruì la chiesa abbandonata e diroccata della Porziuncola. Una ricostruzione materiale che indica un commino di rinascita spirituale che da allora avrebbe caratterizzato la vita di S. Francesco. La pagina di San Paolo ai Galati porta la nostra attenzione sulla centralità della Croce di Cristo. Paolo considera la Croce suo vanto, segno della sua fede in Cristo, di cui porta le stigmate, cioè condivide le sofferenze, ma anche segno di pace e di misericordia. E’ bella questa sottolineatura della Croce non solo come segno di sofferenza, ma anche come segno di pace e di misericordia. Guardando alla Croce di Cristo S. Francesco ha imparato ad essere un uomo di pace e di misericordia. Da Lui oggi, guardando a un mondo in guerra, vogliamo imparare ad essere uomini di pace, a cercare la pace. Nell’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco ci sono quasi cento riferimenti alla pace, uno dei doni e dei nomi di Dio. S. Francesco è l’ispiratore dell’enciclica del Papa, perché “si liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia con tutti” (F.T.4). La pace è a fondamento della nostra Europa, come hanno desiderato i fondatori, che dobbiamo custodire come un dono prezioso (cfr F.T. 10) e non come un “sogno” e “un’utopia di altri tempi” (F.T. 30). La pace non è garantita da “una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia” (F. T. 26) e dalla “strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne”, anche nelle nostre città: “perché la pace reale e duratura è possibile solo - scrive Papa Francesco riprendendo le parole del suo discorso sugli armamenti a Nagasaki– a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana” (F.T. 127). Guardando alla Croce di Cristo S. Francesco ha imparato anche ad essere un uomo della misericordia, un uomo che ha saputo perdonare, che ha saputo dialogare e amare. “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato […] Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio » (Lc 6,36-38). Ciò che esprimono questi testi – scrive papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium - è l’assoluta priorità dell’ « uscita da sé verso il fratello » come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio” (E.G.179). San Francesco ci ha insegnato ad uscire, a camminare in mezzo alle persone, con un’attenzione preferenziale ai poveri, ai malati, ai piccoli. La pagina evangelica di Matteo ricorda che i piccoli, i miti e gli umili di cuore “troveranno ristori” in Dio. Sono alcune delle beatitudini che S. Francesco ha fatto particolarmente sue. I piccoli saranno nel cuore di S. Francesco, ma anche Lui sarà piccolo di fronte agli altri. S. Francesco sarà un ‘mite’, abbandonerà ogni forma di violenza. San Francesco sarà umile rifiuterà ogni forma di potere. Cari fratelli e sorelle, mentre preghiamo S. Francesco e ringraziamo per la presenza dei suoi figli nella nostra città e Chiesa da oltre otto secoli, chiediamo al Signore che il carisma di S. Francesco, carico di amore ai piccoli, ai poveri, contro ogni forma di violenza, per costruire pace si radichi e si rafforzi nella nostra Chiesa, soprattutto in questo tempo di cammino sinodale, di riforma della Chiesa. Così sia.

Ferrara 04/10/2024

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