GIUBILEO, tempo di speranza



Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene

Onorevoli autorità, cari presbiteri e diaconi, religiosi, fratelli e sorelle, è bello vedervi numerosi stasera ad aprire insieme l’anno giubilare, un anno di grazia, nella nostra Chiesa, dopo che il Papa Francesco l’ha aperto a Roma il 24 dicembre scorso, nella notte del Natale. Il Giubileo che iniziamo è stato voluto dal Papa guidato dalla virtù della speranza, una speranza che non delude, perché fondata sulla fede – la cui professione data 1700 anni, a partire dal Concilio di Nicea - e animata dalla carità. “La speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente – ha detto Papa Francesco nell’omelia di apertura della Porta santa -: è la promessa del Signore da accogliere qui e ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia”. Abbiamo iniziato la nostra processione dopo aver ascoltato un brano del Vangelo di Giovanni. Gesù, dopo l’ultima Cena e mentre si prepara a vivere la Passione, in un momento di dialogo confidenziale con gli apostoli, li invita a non avere paura e a credere. Belle le parole che Gesù dice ai discepoli sulla relazione tra Lui e il Padre, un unico Dio, e di come abbia già preparato un posto per loro: sono parole che Gesù dice anche a noi e che sono alla base della nostra fede nella vita eterna. Come sono belle le parole di Gesù a Tommaso su che strada prendere per raggiungerlo: è Lui stesso la via, come è Lui la verità e la vita. Nel Signore ritroviamo il senso della nostra vita: chi sono, da dove vengo e dove vado. E’ Lui la nostra speranza, che non illude e non delude. E la speranza è anche il messaggio centrale del Giubileo che oggi iniziamo. “Tutti sperano – abbiamo ascoltato dalla bolla d’indizione di papa Francesco. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio” (Bolla,1). Spesso incontriamo nelle persone ottimismo o scetticismo, gioia e disperazione. La speranza cristiana nasce e si appoggia su un segno familiare, la Croce di Cristo, segno del suo amore, che ci ha riconciliati con Dio Padre e, con il Battesimo, ci ha resi figli e fratelli, e, a nostra volta capaci di amare, perché pieni di Spirito Santo, il volto di Dio che cammina con noi e ci aiuta a scoprire i segni dei tempi, che “chiedono di essere trasformati in segni della speranza” (Bolla, 3). Tra i segni da riscoprire e rinnovare il Papa ci ricorda la pace e la vita, e alcuni volti: i poveri, i migranti, i giovani e gli anziani, i carcerati, i malati. Sono segni che vedono talvolta nella storia e nella nostra quotidianità il loro opposto: alla pace, la violenza e la guerra; alla vita la scelta di non avere un figlio nelle famiglie, o di scegliere la morte per una vita in grembo o per un anziano; all’accoglienza, il respingimento, alla cura, l’abbandono. Sono volti che spesso non riconosciamo, rifiutiamo, allontaniamo, abbandoniamo, giudichiamo, non educhiamo e non curiamo. Sono, invece, segni e volti, che possono costruire un domani diverso se diventano storie di vita, di nonviolenza, di relazione, di condivisione, di educazione e di cura. C’è un alveo speciale in cui crescono questi segni di speranza: la famiglia. Non è un caso che oggi la Liturgia, dopo il Natale, dopo aver contemplato il mistero della nascita del figlio di Dio, ci consegna l’immagine della famiglia di Nazareth, di Gesù, Maria e Giuseppe, di un figlio, di una madre e un padre. La pagina del libro di Samuele ci ha parlato di Anna, una madre che ha concepito e partorito un figlio “richiesto al Signore” – dice la pagina di Samuele – voluto, desiderato. Oggi forse manca questa richiesta al Signore, questo desiderio. Non si fa oggetto della nostra preghiera al Signore l’accoglienza di una vita. Si affossa il desiderio dentro tanti problemi, anche reali. Non si rinuncia, come Anna, a qualcosa di personale, pur di dare spazio alla cura di una nuova vita. Come anche – collegandoci alla pagina evangelica di Luca – non sempre nelle nostre famiglie c’è la preoccupazione che hanno avuto i genitori di Gesù, per un adolescente che inizia a fare le sue scelte, non dice con chi va e alla fine, però, pur facendo notare il disagio creato dal Figlio Gesù, accompagnano la crescita della sua libertà, le sue scelte. Con una madre, come ogni madre, che custodisce tutto nel suo cuore, tutto il cammino della vita del Figlio, in ogni suo momento. Oggi rischiamo di non avere una famiglia o avere più famiglie e alla fine s’indebolisce la vita, che non ha dove nascere, crescere e morire. E senza famiglia la passione educativa è legata solo ad alcune persone e momenti, è a intermittenza, non continuativa, come dovrebbe essere una proposta educativa. Soprattutto, manca nelle famiglie il collante fondamentale: l’amore, l’amore fedele. “L’amore dà sempre vita” (A.L. 165) – ha scritto Papa Francesco nell’esortazione apostolica Amoris laetitiae. Quel “grande amore” – di cui ci parla l’apostolo Giovanni nel brano che abbiamo ascoltato – che impariamo da Dio Padre. Quell’amore di un Padre verso noi figli che trasforma il nostro cuore, che alimenta la fede, la speranza, la carità, che ci rende capaci di considerare i comandamenti una strada per rinnovare la nostra vita, la vita delle nostre famiglie e delle nostre città. Cari fratelli e sorelle, animati dalla speranza che non illude e non delude, prepariamoci a vivere questo anno giubilare con la ricchezza dei suoi doni di perdono e di condono, di riconciliazione con Dio e con i fratelli. E concludo con le stesse parole con cui Papa Francesco conclude la bolla d’indizione del Giubileo: “Lasciamoci fin d’ora attrarre dalla speranza e permettiamo che attraverso di noi diventi contagiosa per quanti la desiderano. Possa la nostra vita dire loro: «Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore» (Sal 27,14). Possa la forza della speranza riempire il nostro presente, nell’attesa fiduciosa del ritorno del Signore Gesù Cristo, al quale va la lode e la gloria ora e per i secoli futuri”. Amen.

Cattedrale di Ferrara 29/12/2024

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