San Donnino, il funzionario che ha dato la vita per il Vangelo
S. Donnino è stato uno di questi testimoni e maestri, che da funzionario dello Stato non ha rinnegato la sua fede e per questo subì il martirio in questa città...
Un deferente saluto alle onorevoli autorità presenti, un abbraccio fraterno al Confratello vescovo Ovidio, ai confratelli presbiteri e religiosi e a tutti voi fratelli e sorelle nella fede. La mia partecipazione alla celebrazione del patrono di questa Chiesa di Fidenza, S. Donnino, richiama anzitutto il legame della mia Chiesa d’origine, Cremona, e della Chiesa in cui sono Pastore, Ferrara-Comacchio, con questa Chiesa. Il legame più recente con la Chiesa di Cremona è dato dai Vescovi Paolo Rota e Maurizio Galli. Non ho conosciuto il Vescovo Paolo, Vescovo di Fidenza dal 1952 al 1960, ma ho potuto percepire dai suoi scritti quanto ha amato l’Azione Cattolica, dalla quale ha fatto nascere un Istituto secolare femminile, ma anche quanto ha amato con il Servo di Dio don Primo Mazzolari e il loro Vescovo Giovanni Cazzani la libertà, in tempi difficili sotto il Fascismo. Soprattutto il Vescovo Maurizio, vostro Vescovo dal 1998 al 2007, è stato per me un maestro – come insegnante di Lettere - un educatore – come animatore in Teologia e rettore del Seminario – e un confratello negli anni in cui fui insegnante residente in Seminario. Il Vescovo Maurizio è stato maestro, educatore e confratello non solo a parole, ma nella testimonianza di fede, nella povertà e nella carità verso gli ultimi, nella speranza cristiana. Il legame con la Chiesa di Ferrara-Comacchio viene dagli anni di episcopato dell’Arcivescovo Carlo Caffarra, presbitero di questa Chiesa, Arcivescovo di Ferrara dal 1995 al 2003, poi passato alla Cattedra di Bologna e cardinale: una figura che ho incontrato alcune volte, distinta, che ha lasciato in Diocesi un tratto di grande umanità. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio, “con cuore integro e buono” (Lc 8,15), per essere illuminati nella fede e nella vita cristiana, come lo è stato S. Donnino. La fede, infatti, nasce dall’ascolto della Parola. San Paolo userà una formula diventata classica: fides ex auditu, «la fede viene dall’ascolto» (Rm 10,17).
Dalla pagina del libro dei Maccabei, nelle parole di Mattatia, la parola di Dio ci fa respirare sofferenza e fatica per la superbia e l’ingiustizia attorno; di fronte alle quali, però, Mattatia invita il popolo a non avere paura, a reagire guardando alla propria storia, mettendo al centro della propria vita la fede nel Signore e i Comandamenti. Anche la lettera agli Ebrei parla di un clima di “insulti e tribolazioni” per le prime comunità cristiane, con anche la carcerazione e il sequestro di tutti i beni, difronte ai quali l’autore della lettera esorta a non perdere la franchezza e la costanza nella testimonianza della fede. Non solo i profeti e i giudici dell’Antico Testamento, non solo le prime comunità cristiane sono stati testimoni di fede nelle tribolazioni e sofferenze, ma la vita della Chiesa fino ad oggi ha sofferto per la superbia e l’arroganza, l’ingiustizia a cui in maniera sempre nuova ha risposto con testimoni e maestri che hanno dato anche la vita per l’annuncio del Vangelo e l’obbedienza alla legge di Dio e non alle leggi degli uomini. S. Donnino è stato uno di questi testimoni e maestri, che da funzionario dello Stato non ha rinnegato la sua fede e per questo subì il martirio in questa città, il 9 ottobre del 293. Con lui molti altri, uomini e donne, subirono il martirio in quei primi tre secoli dell’era cristiana in cui l’Impero romano voleva piegare i cristiani ai culti pagani, mentre alla fine la testimonianza di fede dei martiri piegherà l’Impero romano al cristianesimo, continuando un processo di inculturazione della fede già iniziato dall’apostolo Paolo. Ma anche in altri periodi della storia della Chiesa la fede è stata messa alla prova richiedendo, oltre il coraggio della testimonianza della fede, anche il coraggio della riforma della Chiesa. Penso alla riforma gregoriana, a S. Francesco e a S Domenico che l’hanno accompagnata; penso alla riforma del Concilio di Trento, con pastori come S. Carlo Borromeo, S. Filippo Neri, la cui devozione è diffusa anche nelle terre fidentine; penso a presbiteri e pastori, come Bartolomeo del Las Casas fino Helder Camara, Oscar Romero che hanno combattuto le violenze e le sopraffazioni del colonialismo prima e del neocolonialismo poi; penso alle soppressioni e agli incameramenti dei beni dei religiosi avvenuti a più riprese con il governo napoleonico, con il nuovo governo dell’Italia unita; penso ai 154 preti e seminaristi dell’Emilia Romagna uccisi da fascisti, nazisti e comunisti durante il socialismo, il fascismo, e il triennio rosso che ci ha portato alla nascita della Repubblica democratica italiana; penso al tempo della riforma del Concilio Vaticano II, con le sofferenze di San Paolo VI e la sua difficile recezione, segnata ancora da poca franchezza e da divisioni, che segnano anche le nostre Chiese; penso alle nuove Chiese dove la violenza fondamentalista delle religioni genera nuovi martiri. Non c’è un tempo della Chiesa non segnato dal sangue, dalla sofferenza per la superbia e l’ingiustizia, dalla necessità di un cammino insieme. “Le persecuzioni non sono una realtà del passato – scrive Papa Francesco nell’esortazione Gaudete et exultate -, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità” (G.E. 94). Il cammino sinodale che stiamo vivendo come Chiese in Italia, dopo l’ascolto e il discernimento ci chiede il coraggio di gesti profetici di riforma nella Chiesa, ma anche gesti profetici nei confronti delle scelte del mondo: l’obiezione di coscienza alle armi, una condivisione delle risorse per lo sviluppo di tutti i popoli e per abbattere le disuguaglianze, il dialogo con le religioni e con le Chiese nonostante fatiche e distanze e sofferenze, un cambiamento di stile di vita per la cura del creato, l’impegno per la giustizia a favore della difesa della dignità dell’uomo, sempre. Tutto questo si paga, non si ottiene a poco costo: si paga con la marginalizzazione della Chiesa, con campagne denigratorie contro i Pastori, con nuove divisioni nella Chiesa, con leggi che dimenticano l’umanesimo cristiano e rendono più difficile l’attività educativa della Chiesa. Ne siamo consapevoli, ma non abbiamo paura, per riprendere le parole di Mattatia. Vogliamo continuamente “vedere Gesù” come centro della nostra vita, come chiedono un gruppo di ebrei e greci a Filippo, nel brano evangelico che abbiamo ascoltato di Giovanni, dove “vedere” significa incontrare, entrare in sintonia con il suo stile di vita. Vogliamo continuamente passare al vaglio del Vangelo e dell’etica cristiana i nostri comportamenti, per essere ‘servi’ del Signore con la nostra vita, da laici, presbiteri, consacrati. E se la storia, la vita in famiglia, nella scuola, in politica, nella società ci chiederà di rinunciare a questo servizio di amore a Dio e ai fratelli, quale ci chiede il Signore, siamo chiamati a scelte coraggiose per testimoniare al mondo ciò che conta veramente, con il nostro sguardo che non si ferma alla vita ma guarda alla vita eterna. Come ha saputo fare il funzionario romano S. Donnino. Non è stato facile per lui. Non è facile neanche per noi oggi. Cari confratelli, cari fratelli e sorelle, “se il chicco di grano caduto a terra non muore, rimane solo; se muore produce molti frutti”. Queste parole di Gesù, rese vere dalla testimonianza di S. Donnino e da tanti Santi che nella storia della Chiesa fino ad oggi hanno dato la vita, ci accompagnino nella nostra vita quotidiana, e ci aiutino a proporre e ad accogliere scelte di riforma ecclesiale, a scegliere uno stile di vita nella città dell’uomo che metta sempre al centro la giustizia, la solidarietà, il bene comune, la tutela della dignità di ogni uomo. Così sia.
Fidenza, 9.10.2024
Commenti
Posta un commento