Maria consola i suoi figli


Nella storia della salvezza Maria è diventata, nella sua verginità e maternità, il modello della donna nella Chiesa...


Onorevoli Autorità, cari fratelli e sorelle, viviamo oggi insieme un nuovo momento di rinascita di questa chiesa, dopo la sua apertura, perché ritornano soprattutto alla devozione dei fedeli, ma anche all’interesse dei turisti, tre opere d’arte e di fede importanti. E al ritorno delle tre opere importanti si unisce anche il cinquecentesimo anniversario della consacrazione della chiesa, opera incompiuta progettata da Biagio Rossetti, avvenuta nella festa di S. Maria della Consolazione, nel settembre del 1524. La Parola di Dio di oggi nella pagina della Genesi ci ripresenta uno dei due racconti della creazione della donna. E Gesù nella pagina del Vangelo di Marco ci parla della relazione uomo e donna, soprattutto matrimoniale, tradita dal peccato. Nella storia della salvezza Maria è diventata, nella sua verginità e maternità, il modello della donna nella Chiesa e, per questo molti titoli, molte immagini, molte chiese sono dedicate a Maria. Come questa chiesa, in cui oggi ritorna, nell’ancona di ricchi e artistici stucchi del presbitero, l’immagine incoronata di S. Maria della Consolazione. L’immagine richiama i tratti iconologici bizantini, anche se è arricchita di elementi e movimenti originali, presenti in altre immagini mariane bizantine a S. Maria in Vado e a S. Francesco. Questa immagine della Madonna con il Bambino Gesù ha accompagnato la vita anche dei cinque secoli di questa chiesa conventuale e non parrocchiale, invocata sotto il titolo di Madonna della Consolazione da quando è arrivato in città l’Ordine dei Servi di Maria, che rimarranno fino alla soppressione dell’Ordine da parte di Papa Pio VI nel 1781, che destinò all’Opera Pia degli Esposti il convento e la chiesa ad ex-gesuiti: chiesa chiusa e diventata magazzino comunale nel 1883, per poi tornare ad essere restaurata officiata negli anni ’60 e ora, dopo il terremoto del 2012 riaperta ai fedeli. Il titolo di Regina e di Madre della Consolazione sono i titoli mariani in questa chiesa: il titolo di ‘Maria regina’ lo ammiriamo nell’affresco del catino absidale che rappresenta l’Incoronazione di Maria, opera oggi attribuita al pittore Baldassarre Carrari, e il titolo di ‘Madre della Consolazione’ fu dato alla nuova chiesa. Il titolo di ‘Madre della Consolazione’, consolatrice degli afflitti nelle Litanie lauretane, è di origine bizantina e nasce in ambito monastico ed è diffuso in Occidente dagli agostiniani, che forse furono i custodi del primo luogo di culto. Maria, avendo sofferto per la passione del Figlio suo, ed essendo stata consolata con la sua resurrezione, è in grado di consolare i fedeli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione. Insieme agli Apostoli implorò ardentemente e attese con fiducia lo Spirito consolatore. Ora, assunta in cielo, “brilla innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione”, come ci ha ricordato il Concilio Vaticano II (LG 68).
La seconda immagine di donna che ritorna in questa chiesa è il ritratto di S. Margherita di Antiochia che schiaccia il demonio, copia di fine ‘500 di un quadro dell’Ortolano. Margherita è una giovane donna di Antiochia di Pisidia, l’attuale Turchia, vissuta nel III secolo. Incontrata la fede da giovane Margherita è cacciata di casa dal padre sacerdote pagano e va a vivere in campagna curando le pecore. Il Prefetto Ollario cercò invano di sedurla e, per questo, la denunciò come cristiana. Incarcerata fu visitata dal demonio, che la inghiottì, ma Lei con la croce si liberò e lo uccise. Dopo diversi tormenti, ma anche a dei segni prodigiosi – durante il processo una colomba gli pose una corona di rose sul capo – subì il martirio per decapitazione, perché cittadina romana. Margherita è una giovane donna – perché aveva 15 anni quando subì il martirio – che ha scelto di testimoniare la fede fino al martirio, senza cedere alle violenze e alle tentazioni, testimoniando la libertà nelle sue scelte. La sua venerazione è diffusa sia nella Chiesa ortodossa che nella Chiesa cattolica. L’ultimo quadro che oggi ritorna in questa chiesa è invece di un beato romagnolo, il beato Giovanni Filippo Bertoni di Faenza, vissuto nella seconda metà del ‘400, dell’Ordine dei Servi di Maria, che custodirono per secoli questa chiesa. Giovanni Filippo è uno dei bambini che entravano in convento all’età di 9 anni: quei bambini ai quali “appartiene il regno dei cieli”, come il Signore oggi nel Vangelo ci ha ricordato. Giovanni Filippo crebbe nella devozione a Maria, Vergine e Madre, Serva del Signore, al centro della spiritualità dei Serviti, imparando a vivere la fraternità – come ricorda oggi la pagina della lettera agli Ebrei -ospitando anche i più poveri oltre che i Manfredi, i signori della città. Il beato Bertoni morì a soli 29 anni. Dopo la sua morte, nessuno pensava che quel frate servita povero e semplice avesse un rapporto tale con Dio che chi lo invocasse avesse un miracolo. Dopo la sua morte, infatti, si moltiplicarono i miracoli e da subito, dopo tre giorni, Giovanni Filippo fu chiamato ‘beato’: e a questa preghiera di intercessione è dedicato il quadro che oggi vediamo ritornare in questa chiesa. Cari fratelli e sorelle questi tre quadri che da oggi sono posti in questa Chiesa ci parlano e ci impegnano: a una relazione filiale con Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, Madonna della Consolazione e della misericordia, ma anche a una vita di santità, secondo le beatitudini, con coraggio e semplicità, come ci hanno insegnato la giovane S. Margherita e il beato Giovanni Filippo da Faenza, costruendo un mondo fraterno, con un’attenzione particolare ai piccoli e ai poveri. Così sia.

Ferrara 05/10/2024

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