Beata Vergine Maria, Madre delle Grazie


Una Madre che ci accompagna tutti e fino alla fine...

Cari confratelli, cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi la Madonna delle Grazie, patrona della nostra Arcidiocesi. Il nostro storico don Antonio Samaritani, nel suo importante profilo della spiritualità ferrarese, ricorda come una delle dimensioni fondamentali della spiritualità della nostra Chiesa è la devozione mariana, testimoniata da diversi santuari, da migliaia di edicole mariane diffuse nel territorio ferrarese – raccolte e studiate dal compianto don Francesco Forini nel volume ‘Effigi di fede nella Diocesi di Ferrara-Comacchio’– dalla maggior parte delle 170 chiese parrocchiali dedicate a un titolo mariano. La devozione a Maria attraversa la nostra terra, la storia e la vita della nostra Chiesa. E in questo giorno mariano, la nostra Chiesa accoglie Enrico e Giorgio, due uomini, sposati e padri di famiglia, che hanno scelto di servire la Chiesa nell’ Ordine del diaconato. Ci mettiamo in ascolto, come Maria, della parola di Dio. La pagina del libro di Ester ci ricorda la preghiera della regina Ester al re Assuero, perché salvi dalla morte il suo popolo dei Giudei. Il re Assuero accoglie la preghiera di richiesta della regina Ester e per i Giudei inizierà un tempo di pace e di sicurezza, salutati, da banchetti e feste. Una donna, Ester, è protagonista della salvezza del suo popolo, perché sa dialogare con il popolo persiano, incontrare gli altri, comprenderne le gioie e le sofferenze. Per questo, nel mondo ebraico, è consuetudine fare dono del Rotolo di Ester ai matrimoni e alle nascite, eventi fondamentali della vita familiare, che indicano i passaggi e la continuità della vita. La figura di Ester e la sua richiesta al re di salvare il popolo ebraico dalla distruzione dopo un banchetto diventeranno, per i Padri della Chiesa, l’immagine di Maria e della sua richiesta a Gesù a Cana, durante un banchetto di nozze, di un miracolo, un dono per gli sposi come abbiamo letto nella pagina evangelica di Giovanni. La preghiera di Ester e di Maria porta la gioia, regala speranza. L’iconografia cristiana - ha scritto una studiosa - ha fatto anche di Ester il modello per l’Immacolata Concezione e per Maria regina, rappresentata con lo scettro regale, ma anche di altre sante, come Lucia, Agata. Nella vita quotidiana spesso la donna è portatrice di gioia e di speranza: nella sua accoglienza della vita, nella sua dolcezza, nella fatica per gli altri, nella consolazione: sono alcuni dei tratti del femminile che abbiamo sperimentato nella nostra vita. E nella Chiesa la donna esprime in modo originale i caratteri battesimali del profeta, re e sacerdote che il Signore affida a tutti. Da diaconi, cari Enrico e Giorgio, siete chiamati come Maria ad accogliere le richieste del popolo di Dio alla Chiesa e servirle con la vostra vita, collaborando spesso con le donne, che animano la vita liturgica, catechista e caritativa delle nostre comunità. Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica Lumen gentium, ha rinnovato nella Chiesa la coscienza dell'universalità del sacerdozio – ha scritto San Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Mulieris dignitatem. “Nella Nuova Alleanza c'è un solo sacrificio e un solo sacerdote: Cristo. Di questo unico sacerdozio partecipano tutti i battezzati, sia uomini che donne, in quanto devono offrire se stessi come vittima viva, santa, a Dio gradita (cf. Rm 12, 1), dare in ogni luogo testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendere ragione della loro speranza della vita eterna (cf. 1 Pt 3, 15). La partecipazione universale al sacrificio di Cristo, in cui il Redentore ha offerto al Padre il mondo intero, e, in particolare, l'umanità, fa sì che tutti nella Chiesa siano «un regno di sacerdoti» (Ap 5, 10; cf. 1 Pt 2, 9), partecipino cioè non solo alla missione sacerdotale, ma anche a quella profetica e regale di Cristo Messia…Ciò riguarda tutti nella Chiesa, le donne come gli uomini, e riguarda ovviamente anche coloro che sono partecipi del «sacerdozio ministeriale», che possiede il carattere di servizio” (M.D. 27). E’ questo carattere del ‘servizio’ dell’Ordine che, cari Enrico e Giorgio siete chiamati a vivere nella speciale forma e grado del diaconato, con un’attenzione particolare ai più deboli, ai più poveri non solo in senso materiale, ma anche spirituale. “Nell'ambito del «grande mistero» di Cristo e della Chiesa tutti sono chiamati a rispondere - come una sposa - col dono della loro vita all'ineffabile dono dell'amore di Cristo, che solo, come redentore del mondo, è lo Sposo della Chiesa” (M.D. 27). Maria a Cana si dimostra come la prima discepola che annuncia la presenza del Salvatore in un contesto semplice e famigliare. “È certo che in quell'evento - ha scritto sempre San Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Mater - si delinea già abbastanza chiaramente la nuova dimensione, il nuovo senso della maternità di Maria. Essa ha un significato che non è racchiuso esclusivamente nelle parole di Gesù e nei vari episodi, riportati dai Sinottici. In questi testi Gesù intende soprattutto contrapporre la maternità, risultante dal fatto stesso della nascita, a ciò che questa «maternità» (come la «fratellanza») deve essere nella dimensione del Regno di Dio, nel raggio salvifico della paternità di Dio. Nel testo giovanneo, invece, dalla descrizione dell'evento di Cana si delinea ciò che concretamente si manifesta come nuova maternità secondo lo spirito e non solo secondo la carne, ossia la sollecitudine di Maria per gli uomini, il suo andare incontro ad essi nella vasta gamma dei loro bisogni e necessità” (R.M 21). Come Ester intercede per la salvezza de suo popolo così Maria intercede per gli sposi di Cana. Nel racconto di Cana respiriamo l’aria di una sollecitudine materna che farà di Maria non solo la Madre di Dio, ma anche la Madre della Chiesa, Madonna delle Grazie. Una Madre che ci accompagna tutti e fino alla fine, ci ricorda un passaggio della costituzione conciliare Lumen gentium: “E questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste... fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti” (L.G.62). La preghiera di benedizione di Paolo, all’inizio della lettera agli Efesini, che abbiamo riletto ci ricorda che siamo “figli adottivi” e, pertanto, oggetto anche noi della sollecitudine di Maria. Lo dimostrano le apparizioni nel corso della storia, che accompagnano sempre momenti difficili, bisognosi di intercessioni e di grazie per superare passaggi particolarmente gravi della storia. Anche oggi, cari fratelli e sorelle, cari confratelli, siamo a un tornante incerto della storia, della vita politica e culturale, anche ecclesiale. Siamo freddi e indecisi di fronte alle violenze, alle guerre, alle ingiustizie in nome di una falsa sicurezza che offende l’uomo e lo abbandona al suo destino di morte. Non c’è speranza in tutto questo. Solo affidarci da figli al Signore, nostra ‘Pace’, ritornare a casa come il figliol prodigo, chiedere perdono ci regala la forza di una vita nuova. E’ in questo contesto che come diaconi siete chiamati, cari Enrico e Giorgio, ad essere anche i ‘servi della pace’, cioè nei vostri gesti, nelle vostre scelte esprimere con passione la necessità del perdono rispetto alla vendetta, del dialogo rispetto alla prevaricazione, della nonviolenza rispetto alla risposta armata. Non siamo ingenui nel servire la pace, ma realisti, perché guardiamo alla storia e alle sue lezioni. Ci accompagni in questo cammino di conversione, di pace e di riforma del nostro stile di vita in Cristo, nostro fratello, Maria, Madre delle grazie, nostra patrona, Madre di speranza. Così sia.

Cattedrale di Ferrara 13/10/2024

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