S. Agostino, il convertito diventato pastore e maestro



S. Agostino rilegge la storia e vede il mondo come la città dell’uomo e la città di Dio

Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, riapriamo oggi la nostra chiesa parrocchiale in questo quartiere della città, dopo alcuni lavori necessari e impegnativi. La riapriamo nella festa di S. Agostino, vostro patrono, un africano convertito a Milano, dopo un lungo cammino di ricerca, e ritornato nella sua terra come Vescovo e Pastore. Nelle ‘Confessioni’ S. Agostino narra la sua conversione. Dopo aver letto e meditato la Parola e partecipato alla catechesi S. Agostino dice al prete Simpliciano: “Devi sapere che sono ormai cristiano”. E Simpliciano risponde ad Agostino: “Non lo crederò né ti considererò nel numero dei cristiani finché non ti avrò visto nella Chiesa di Cristo”. Irritato dalla risposta S. Agostino risponde:” Sono dunque i muri a fare i cristiani?”. E Simpliciano ripete la stessa risposta per far capire a S. Agostino che la fede non è solo conoscenza della verità, ma ha anche bisogno di luoghi, espressioni e decisioni pubbliche: “partecipare e stare con gli altri in un luogo sacro”. A questo punto S. Agostino risponde al prete Simpliciano: “Andiamo in chiesa, voglio divenire cristiano”. E Simpliciano con gioia lo accompagna in chiesa dove Agostino professa la fede di fronte alla comunità dei fedeli. La chiesa è il luogo dove professare pubblicamente la fede, vivendo pubblicamente alcuni sacramenti, sentendoci parte di una comunità. Riapre la chiesa con alcuni nuovi segni, che provocano e interrogano ciascuno di noi. Anzitutto la meridiana, che ci ricorda i tempi della nostra vita e che tutto passa, cioè ‘il tempo è superiore allo spazio’ – come ci richiama papa Francesco – rileggendo anche le costellazioni dello zodiaco classico in senso cristiano: attraverso i passi di Paolo o dei Salmi, l'Ariete diventa Gesù stesso, il Cancro il gruppo degli eretici, i Pesci i fedeli in preda alle tempeste della vita, e così via. Il labirinto, invece, è il segno dello smarrimento, della ricerca dell’uomo - come nell’Orlando Furioso del nostro concittadino l’Ariosto - che cessano nell’incontro con Dio e gli altri, ma anche della necessità della fede di scoprire le ragioni della vita – come scrive il poeta Borges. Infine, il Consiglio pastorale della nuova unità pastorale, che è segno di comunione e di responsabilità di tutti nella Chiesa. Spazi, tempi e persone formano e abitano la casa di Dio. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio. Geremia, un giovane mandriano chiamato da Dio ad essere profeta, ci ricorda alcune caratteristiche della casa di Dio. Anzitutto la casa di Dio è “una dimora di pace”, un luogo dove si abbandona la rabbia e la vendetta, dove si impara il perdono, dove si educa alla pace e alla nonviolenza. La nonviolenza, la scelta di pace sono caratteristiche dello stile di vita cristiana, di chi abita la casa di Dio, questa chiesa. Una scelta oggi contestata dal mondo, che preferisce talora la vendetta, la guerra, le armi. Tutto questo genera attorno a noi divisione, odio, morte. Ogni domenica in questa come in ogni chiesa ricordiamo che la pace è dono di Dio (‘Vi lascio la pace, vi do la mia pace’), che nasce dalla relazione, comunione con Dio e dall’amore al prossimo. La casa di Dio è continuamente rigenerata dall’amore di Dio per noi, dalla sua Parola, dal pane di vita che ne sono segni e memoria. Scrive S. Agostino: “Sì, veramente, se tu – chiunque tu sia – sei nel novero dei fedeli, se non porti inutilmente il nome di cristiano, se non entri senza un perché nella chiesa, se hai appreso ad ascoltare la parola di Dio con timore e speranza, la frazione del pane sarà la tua consolazione” (Discorso 235,3). La casa di Dio, poi, raduna “genti in festa” – ricorda ancora il giovane Geremia – perché il Signore è con noi, è “realmente presente”. I cristiani non sono uomini e donne perennemente ‘quaresimali’ – ci ha ricordato papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium – ma uomini e donne della gioia. La casa di Dio è la casa dell’alleanza con Dio. E’ un’alleanza non costruita su leggi e regole semplicemente, ma su un cuore rinnovato dall’incontro con il Signore Gesù. Nella casa di Dio , ci ha ricordato la pagina dell’Apocalisse, si gusta l’eternità, il Paradiso, l’oltre: cielo e terra, adesso e domani s’incontrano. Dio è tra noi e rende nuove tutte le cose, ci aiuta a guardare al mondo, alla storia con occhi nuovi, con gli occhi della fede. Nella ‘Città di Dio’, opera straordinaria, S. Agostino, vostro patrono, a partire dall’Apocalisse rilegge la storia e vede il mondo come la città dell’uomo e la città di Dio, il luogo del suo amore, il luogo in cui la sua gioia è per noi e la nostra gioia la sua presenza. Una gioia che nasce da una relazione familiare tra Dio e l’uomo che diventa comandamento, lo stile della nostra relazione con il prossimo, come ci ha ricordato la pagina evangelica di Giovanni. San Agostino, nel suo commento alle lettere di Giovanni, ha voluto regalarci pagine straordinarie sull’amore a Dio e al prossimo. La pagina evangelica di oggi ci ricorda di “rimanere in questo amore”. Per un cristiano il comandamento dell’amore non si vive a strappi, in certe occasioni, ma è l’abito quotidiano della sua vita personale, familiare, sociale. E’ un abito che cambia nelle diverse età della nostra vita – come ci ricorda il teologo Guardini – ma che rimane lo stile della nostra vita. E amare porta gioia, una gioia piena. E’ triste – come il giovane ricco – chi non riesce ad amare, condividendo tutto della propria vita. Non è forse felice un genitore che ama anche se dà tutto per i suoi figli? Questo amore familiare è quello che ha ispirato l’amore cristiano, che ha aggiunto tre nuove caratteristiche: la preferenza per i poveri, l’amore anche ai nemici e fino a dare la vita. Ogni vocazione cristiana – alla vita familiare, consacrata, presbiterale – è un segno e una testimonianza di questo amore che impariamo da Dio e che conserviamo nella misura in cui rimaniamo legati al suo amore. La chiesa, questa e ogni chiesa, è il luogo dove impariamo, sperimentiamo questo amore, non da soli, ma insieme, come Chiesa: una Chiesa della carità e dalla carità. Papa Benedetto XVI, la cui Teologia e il cui Magistero è stato profondamente ispirato da S. Agostino - ci ha ricordato che “L’uomo viene redento mediante l’amore” (Spe Salvi, 26). “L’amore del prossimo radicato nell’amore di Dio – ricordava Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est – è anzitutto un compito per ogni fedele, ma è anche un compito per l’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale. Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare l’amore. Conseguenza di ciò è che l’amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato” (Spe Salvi, 20).
Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, chiediamo al Signore, per intercessione di S. Agostino, di amare questa chiesa rinnovata, segno della Chiesa locale e universale, spazio in cui imparare ad amare e a testimoniare l’amore, così da essere felici rimanendo nell’amore, sempre. Così sia.
Parrocchia di sant'Agostino - Ferrara 28/08/2024


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