Con Maria una vita evangelica nel segno della libertà


Il Monte Carmelo è il luogo della preghiera, della relazione tra Dio e il profeta Elia


Cari fratelli e car sorelle, celebriamo oggi la festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, alla quale è legata la spiritualità mariana dell’Ordine carmelitano e il dono dello scapolare e questa chiesa, voluta dalla Confraternita del Carmine in un angolo suggestivo della città di Comacchio, che è segno dell’amore di generazioni di comacchiesi alla Madonna del Carmelo. Il monte Carmelo, sul quale si reca il profeta Elia – come abbiamo ascoltato dalla pagina del primo libro dei Re - si trova al confine tra la Samaria e la Galilea ed era simbolo della benedizione di Dio per la ricca vegetazione. Con il profeta Elia il Carmelo è diventato il simbolo di una rinnovata alleanza tra Dio e il suo popolo, con nuovi segni, come quello della nube che dal mare sale nel cielo e che porta una pioggia abbondante che irrora la terra. Nella nuvola i Padri della Chiesa hanno visto l’immagine di Maria, Madre di Cristo Salvatore, che purifica e rinnova la vita della Chiesa. Il Monte Carmelo è il luogo della preghiera, della relazione tra Dio e il profeta Elia: una preghiera che ha un significato anche politico, perché cambia le sorti di Israele. Dal XII secolo il Carmelo diventa un luogo di culto di culto verso Maria. Un testo di pellegrini in Terra Santa del 1220 testimonia: “Sul monte Carmelo vi è un luogo delizioso, in cui vivono gli eremiti latini, che si chiamano frati del Carmelo. Vi è una piccola chiesa dedicata alla Beata Vergine”. Da luogo di preghiera per Israele il Carmelo è diventato luogo mariano di preghiera per i cristiani. Il decreto conciliare Apostolicam actuositatem, afferma come modello perfetto della vita spirituale e apostolica dei laici la beata Vergine e Madre Maria “la quale, mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo, e cooperava in modo del tutto singolare all'opera del Salvatore; ora poi assunta in cielo, con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni fino a che non siano condotti nella patria beata” (A.A. 4). La relazione tra la Madre e il Figlio sottolineata dall’apostolo Paolo in quel semplice passaggio della lettera ai Galati riferito a Gesù “nato da donna” continua ad essere contemporanea, nella relazione tra la Madre e noi figli. Noi siamo “figli adottivi”, ricorda Paolo in forza dell’Incarnazione, di questa relazione stretta tra Gesù e Maria. In forza di questa relazione tra Gesù e Maria, non siamo più schiavi, ma liberi davvero, ci ricorda ancora l’apostolo Paolo. Una libertà che, anche nella preghiera, ha bisogno di essere da una parte custodita e dall’altra purificata dalle tentazioni: del potere, del possedere, del dimenticare il Signore. In ogni comunità cristiana è importante “favorire un clima gioioso di libertà e di responsabilità così da promuovere il discernimento personale e comunitario e la comunicazione nella verità di quanto si fa, si pensa e si sente”, ricorda papa Francesco nella Costituzione apostolica Vultum Dei querere. (Art.7§1). Anche l’annuncio evangelico non può che avvenire in un clima di gioia e libertà come ripete papa Francesco in un bel passaggio dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: “La centralità del kerygma richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna” (E.G. 165). Senza libertà non c’è annuncio e si rischia anche di piegare le coscienze. Nella Chiesa, laici e religiosi, presbiteri e monaci, tutti sono chiamati a una relazione libera con Dio. Una relazione libera così reale e intensa che Maria favorisce a partire dalla sua storia di obbedienza, ma anche di libertà, come rileviamo dalle testimonianze evangeliche, ma anche da immagini, santuari, apparizioni e devozioni mariane, tra le quali antica è quella alla Madonna del Carmelo, che ha originato questo antico luogo sacro. La pagina evangelica di Giovanni ci ricorda una delle testimonianze evangeliche che si sono tradotte in immagini che incrociano la nostra umanità. E’ la testimonianza e l’immagine di Maria sotto la Croce, con altre donne e “il discepolo che egli amava”. E sotto la Croce, nella sofferenza, ma anche nella libertà estrema Gesù dona a noi sua Madre, perché sia strumento di consolazione, di grazia per i discepoli di ogni tempo. La Madonna del Carmelo è anche l’Addolorata, colei che soffre per la morte di ogni figlio e che vuole per ognuno di essi il Paradiso. Lo scapolare della Madonna del Carmelo è il biglietto per il Paradiso, regalato dalla Madre di Dio che apparendo a S. Simone Stock disse: “Ecco il privilegio che concedo a te e a tutti i figli del Carmelo. Chiunque muore rivestito di questo abito sarà salvo”. E’ chiaro che lo scapolare è simbolo di una vita di contemplazione e ascolto della Parola di Dio e di servizio ai fratelli e alle sorelle. Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, “la salita del monte Carmelo” - di cui parla S. Giovanni della Croce – sia per noi il recupero certamente di una dimensione contemplativa della vita di fede. Infatti, - come scriveva il card. Martini nella sua prima lettera pastorale del 1981 dedicata alla ‘Dimensione contemplativa della vita ‘- “nella preghiera personale e nel silenzio ogni uomo può trovare la sua identità personale”. E’ un invito affinché ognuno di noi, nel silenzio e nella contemplazione, ritrovi se stesso, non si limiti ad aggiungere qualche pratica religiosa in più alla propria esperienza di cristiano, ma anche ritrovi la consapevolezza di essere figlio e quindi in una relazione libera con Dio Padre e con Gesù nostro fratello. La libertà è la prima dimensione di una fraternità che siamo chiamati a costruire nella Chiesa e nel mondo. Così sia.

Comacchio - Fe 16/07/2024

Commenti

Post popolari in questo blog

La solitudine del malato non aiuta la cura

Cooperare è contribuire a costruire un mondo fraterno

S. Michele e l’impegno per la giustizia e la pace