S. Contardo, pellegrino di pace e testimone di condivisione



Contardo, rinunciando alle ricchezze ha fatto la scelta dell’essenziale...

Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, onorevoli autorità, celebriamo oggi il vostro patrono, S. Contardo d’Este, uno dei santi della casa d’Este, il casato che ha avuto origine nella città di Ferrara, dove sono Pastore e con cui la vostra città è gemellata dal 2001. S. Contardo, che la tradizione ferrarese indica come fratello della Beata Beatrice II d’Este, monaca benedettina, è un santo di cui conosciamo solo alcuni aspetti della sua esistenza, in particolare l’anno della morte – 1249 – nella vostra città di Broni, mentre era pellegrino verso il santuario di S. Giacomo di Campostela e i miracoli che ne seguirono, raccolti e amplificati nella ‘Vita’ più antica del 1367 che si conserva nell’archivio di questa parrocchia. Ma bastano questi aspetti per costruire il profilo di una santità che ha una grande contemporaneità. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio in questo tempo pasquale, che regala pace e gioia. La pagina evangelica di Luca incrocia i discepoli tornati da Emmaus a Gerusalemme che raccontano come hanno incontrato il Signore e come l’hanno riconosciuto nello spezzare il pane, nell’Eucaristia. E mentre i discepoli di Emmaus raccontano appare Gesù in mezzo a loro e dona la pace. “Pace a voi” è il saluto del Gesù pasquale, del Cristo della fede. E il Cristo della fede e il Cristo della storia non sono due persone diverse: condivide le ferite dei chiodi, mangia con loro. E’ lo stesso Gesù di Nazareth quello che appare, non è un fantasma. E i discepoli vengono invitati ad essere testimoni della verità delle Scritture e che cioè Gesù di Nazareth, il Messia, è stato crocifisso ed è risorto. Accogliere il Risorto significa convertirsi, cambiare vita. S. Contardo è stato un testimone della fede in Gesù, morto e risorto e per Lui ha lasciato tutto: la sua nobile casa, gli onori e le ricchezze, il governo del Ducato per iniziare un cammino di conversione, una trasfigurazione. Una conversione e una testimonianza della fede, quella di S. Contardo, che la Chiesa ha conservato nei secoli e che oggi vengono consegnate a noi. “Il passato della fede, quell’atto di amore di Gesù che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memoria di altri, dei testimoni, conservato vivo in quel soggetto unico di memoria che è la Chiesa”, ci ha ricordato papa Francesco nell’enciclica Lumen fidei. Da S. Contardo, la cui memoria è viva in questa chiesa, noi impariamo l’importanza e la responsabilità di seguire Gesù ed esserne testimoni. L’annuncio cristiano avviene in una “Chiesa di testimoni, di testimonianze”, ricordava San Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelii Nutiandi. “Noi siamo testimoni” - abbiamo sentito dal discorso di Pietro della pagina degli Atti degli Apostoli, che ripete: “convertitevi e cambiate vita”. I testimoni della fede, poi, non si chiudono nell’individualismo, ma si mettono in cammino, si confrontano, nella gioia di sperimentare novità e non nella tristezza della ripetitività. Senza testimoni la Chiesa diventa un museo. Lo ha ricordato in un passaggio dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium Papa Francesco: “prende forma la più grande minaccia, che è il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità. Si sviluppa la psicologia della tomba, che a poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo. Delusi dalla realtà, dalla Chiesa o da se stessi, vivono la costante tentazione di attaccarsi a una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadronisce del cuore come «il più prezioso degli elisir del demonio» (G. Bernanos). Chiamati ad illuminare e a comunicare vita, alla fine si lasciano affascinare da cose che generano solamente oscurità e stanchezza interiore, e che debilitano il dinamismo apostolico. Per tutto ciò mi permetto di insistere: non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!” (E.G. 83).
La conversione alla fede ci rende testimoni di una vita diversa, fondata sui comandamenti, ci ha ricordato l’apostolo Giovanni in una pagina della sua prima lettera, che aggiunge: chi dice “Lo conosco – in riferimento a Gesù – e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è verità”. Lo stile e le scelte della nostra vita testimoniano la verità della nostra fede. S. Contardo da ricco che era è diventato povero, da uomo di guerra è diventato uomo di pace, da uomo di corte è diventato uomo di strada, pellegrino: “fortis athleta Christi”, forte atleta di Cristo, “totaliter Deo deditus”, completamente dedito al Signore, si legge nella ‘Vita’. Ogni cristiano è chiamato ad essere uomo di pace, soprattutto in questo tempo di guerra, dove è facile giustificare le armi e le morti. Non dimentichiamo che uno dei comandamenti è “Non uccidere”. “Tu non uccidere” era l’appello di don Mazzolari, il sacerdote lombardo che rispondeva così ai suoi giovani universitari che gli chiedevano: “se scoppia la guerra dobbiamo prendere un fucile e andare al fronte?”. “Tu non uccidere” lo ripete oggi Papa Francesco, nei molteplici appelli. “Tu non uccidere” lo ripete oggi a noi S. Contardo che ha lasciato un casato, gli Estensi, che si era arricchito sulla costruzione e la vendita di armi, sulla guerra. “Tu non uccidere” è ancora un comandamento, insieme agli altri, che oggi interpella la nostra coscienza. S. Contardo è beato, perché è stato un obiettore di coscienza alle armi, un operatore di pace. Essere obiettori di coscienza alle armi e operatori di pace - come ci hanno testimoniato uomini e cristiani come Igino Giordani, Giorgio la Pira, Don Milani, don Mazzolari, S. Giovanni XXIII - è anche una beatitudine dei cristiani di oggi, non sempre facile. “I pacifici sono fonte di pace, costruiscono pace e amicizia sociale- scrive papa Francesco nell’esortazione Gaudete et exultate sulla chiamata alla santità –. A coloro che si impegnano a seminare pace dovunque, Gesù fa una meravigliosa promessa: «Saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9)… Non è facile costruire questa pace evangelica che non esclude nessuno, ma che integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate, quelli che chiedono attenzione, quelli che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri interessi. È duro e richiede una grande apertura della mente e del cuore, poiché non si tratta di «un consenso a tavolino o [di] un’effimera pace per una minoranza felice», né di un progetto «di pochi indirizzato a pochi». Nemmeno cerca di ignorare o dissimulare i conflitti, ma di «accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo». Si tratta di essere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza” (G.E.88-89). Oltre che ad essere operatore di pace, ogni cristiano, da figlio di Dio, è chiamato, poi, a condividere i propri beni, più che “desiderare la roba d’altri”, come recita un altro comandamento. La condivisione era una delle esperienze della Chiesa degli Atti degli Apostoli che ha trovato nei Santi - come S. Contardo - e nelle esperienze di comunità religiose la loro continuazione. Tra le esperienze di condivisione più belle e più note in epoca recente è quella di don Zeno, con la comunità di Nomadelfia, una vera e propria comunità di vita fraterna. Non è facile condividere, è più facile desiderare. Come cristiani – ci ha ricordato Papa Francesco sempre nell’enciclica Fratelli tutti - siamo chiamati a formare “una nuova società basata sul servizio agli altri, più che sul desiderio di dominare; una società basata sul condividere con altri ciò che si possiede, più che sulla lotta egoistica di ciascuno per la maggior ricchezza possibile; una società in cui il valore di stare insieme come esseri umani è senz’altro più importante di qualsiasi gruppo minore, sia esso la famiglia, la nazione, l’etnia o la cultura” (F.T.29). S. Contardo rinunciando alle ricchezze e facendo la scelta del pellegrino ha fatto la scelta dell’essenziale, della povertà e anche per questo è ‘beato’.
Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, onorevoli autorità, il Signore ha regalato alla vostra città la testimonianza cristiana di S. Contardo d’Este: testimonianza di pace, di povertà, di condivisione. La sua testimonianza educhi le nostre famiglie, i nostri giovani, tutti noi a comprendere ciò che conta veramente e a scegliere lo stile di vita delle Beatitudini evangeliche. S. Contardo, prega per noi.

Broni - Pv 14/04/2024

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