Madonna delle grazie, aiutaci a lavorare nella vigna del Signore

 


Maria ci insegna che “nulla è impossibile a Dio”


Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, celebriamo in questa Domenica la Madonna delle grazie, la Madonna che dalla nostra Cattedrale, da secoli, vigila sulla vita della nostra Chiesa e della città, come una Madre che vigila sui suoi figli e sulle sue figlie. E’ una celebrazione che, in ragione dei lavori del terremoto, avviene ancora fuori dalla sua casa, per Maria come anche per noi, che riconosciamo nella Chiesa Cattedrale la Chiesa madre di tutte le chiese. E’ una celebrazione che prepara il nostro ritorno in Cattedrale. Quando si rimane fuori casa e poi si ritorna, si riscopre il valore della casa. Così quando si rimane fuori dalla Cattedrale al rientro se ne riscopre il valore, come la Chiesa Madre, la Chiesa del Vescovo, successore degli apostoli, che ci lega ad ogni Chiesa, la Chiesa di Maria e dei Santi, la Chiesa fulcro della vita della città, in stretto legame con la città fin dal medioevo, la Chiesa che ci inserisce nella storia della salvezza, ma anche che condivide la storia degli uomini. E’ una celebrazione, quella di oggi, che all’attesa unisce un dono, il dono di due diaconi per la nostra Chiesa: Vito, diacono in cammino verso il ministero presbiterale, della comunità parrocchiale di S. Maria di Codifiume; Riccardo, diacono permanente, della comunità di Jolanda di Savoia. Con la gioia nel cuore per la festa che viviamo insieme, ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio. La pagina del profeta Isaia, quasi una preghiera, apre con alcune parole dure, ricordando che il popolo di Dio è come una vigna che non dà frutto, nonostante le cure, e che andrebbe, pertanto, tagliata, destinando il terreno al pascolo. La pagina di Isaia è in parallelo con la parabola della pagina evangelica di Matteo. Contrariamente alla vigna di Isaia la vigna evangelica dà frutto, ma i servi della vigna sono chiusi, egoisti, pretendendo di diventare da servi padroni fino ad arrivare ad uccidere, uccidere il figlio del padrone pensando di impossessarsi così della vigna. Ma la giustizia trionferà – come ricordano le parole sia del profeta Isaia che dell’evangelista Matteo - e vedrà il popolo d’Israele scartato e i servi non solo perdere la vigna, ma anche la vita. Matteo ha tre parabole ambientate nella vigna. La vigna nel Primo Testamento indica il popolo d’Israele e nel Nuovo Testamento il regno di Dio, regno di giustizia, di pace e di gioia. L'esortazione post-sinodale Christifideles laici (1987) di S. Giovanni Paolo II utilizza il simbolo biblico della vigna, riprendendo Lumen gentium 6, per indicare la Chiesa, ma anche l'umanità chiamata ad entrare nel Regno di Dio. «La vigna è il mondo intero (cfr. Mt 13, 38), che dev'essere trasformato secondo il disegno di Dio, in vista dell'avvento definitivo del Regno di Dio» (n.1). E’ bella questa estensione del senso della vigna che ne fa S. Giovanni Paolo II, dalla Chiesa al mondo, indicando la necessità di un dialogo tra Chiesa e mondo – così come proposto dalla Costituzione conciliare Gaudium et spes. Cari Vito e Riccardo, voi come diaconi siete ‘i servi’ nella Chiesa, ma come i servi della parabola dovete essere vigili per non trasformarvi da servi a padroni. Non solo, seguendo le parole di S. Giovanni Paolo II, nella vigna, che è la Chiesa, dovete servire il dialogo tra Chiesa e mondo: ‘servi del dialogo’. Essere ‘servi del dialogo’ non sempre è facile: per i pregiudizi, le chiusure, le distanze che tra la Chiesa e il mondo talora si alzano. Essere ‘servi del dialogo’ non è facile anche perché la giustizia, la pace, la gioia non sempre sono gli obiettivi condivisi. Nella storia della Chiesa molti diaconi, sia in Oriente che in Occidente, sono stati ambasciatori della Chiesa, del Papa per un dialogo con nuovi mondi, per costruire ponti di pace ed evitare che si perda l’unità della Chiesa. S. Francesco è stato uno di questi diaconi servi del dialogo, soprattutto con il mondo mussulmano. Noto è l’episodio, del 1219, in cui, in piena crociata, in Egitto, un semplice frate di Assisi decise di oltrepassare la frontiera del campo crociato e incontrare il capo della fazione avversa, armato solo del suo saio e della sua fede. Un incontro, quello con il sultano, nella meraviglia di tutti, segnato dal rispetto e dal dialogo. Come anche il diacono Giovanni della Chiesa etiope copta sarà un protagonista al Concilio di Ferrara del 1438, trasferito a Firenze nel 1439, del dialogo tra la Chiesa greca e latina. Il dialogo, come spiegava già Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam, è uno dei nomi e dei volti della Chiesa. Nell’enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco dedica un capitolo, il sesto, al dialogo e ricorda che: “Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare”. Per incontrarci e aiutarci a vicenda abbiamo bisogno di dialogare. Non c’è bisogno di dire a che serve il dialogo. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto” (F.T.198). Cari Vito e Riccardo, come ‘servi del dialogo’ imparate a coniugare nella vostra vita questi verbi che papa Francesco consegna a voi e a tutta la Chiesa, abituando le nostre comunità al dialogo. Forse la situazione di conflittualità e le distanze che toccano il mondo, ma anche le nostre famiglie, le nostre città, le nostre comunità sembrano non avere vie d’uscita. L’apostolo Paolo ci esorta a non perdere la fiducia, a lasciarci custodire dal Signore, il Dio della pace, in ciò che è giusto e santo. Maria ci educa a fidarci del Dio della pace, “che supera ogni intelligenza” in ogni momento della sua vita: nell’ Annunciazione, dove l’impossibile diventa possibile, nella cena di Cana, dove il miracolo salva la festa, nel tempio, dove riconosce nel figlio già un maestro, come sulle strade di Galilea, sotto la Croce, accogliendo la morte del Figlio di Dio che aveva portato nel grembo. Maria ci insegna che “nulla è impossibile a Dio”. A Lei, Madonna delle grazie, affidiamo la nostra Chiesa che cammina con le altre Chiese in Italia e nel mondo, nell’ascolto e nel dialogo, aperto alla speranza, in questo tempo sinodale. Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, cari Vito e Riccardo, scrivendo al vescovo Policarpo di Smirne, il Padre della Chiesa S. Ignazio di Antiochia esortava i fedeli di Smirne con queste parole: «Ascoltate il Vescovo, se volete che Dio ascolti voi. Io mi offro in sacrificio per chi si sottomette al Vescovo, ai presbiteri e ai diaconi. Mi sia concesso di possedere Iddio insieme a loro. Faticate insieme, lottate insieme, correte, soffrite, dormite, svegliatevi tutti insieme, come amministratori di Dio, come suoi assistenti e servitori». Questo invito ad essere ‘insieme’ del Vescovo e martire Ignazio, dà sapore al nostro cammino sinodale, perché, dopo il sogno del sinodo, ci risvegliamo tutti insieme, per essere non padroni nella vigna del Signore, nella Chiesa, ma “amministratori di Dio”, “suoi assistenti e servitori”. Maria, Madonna delle grazie, dalla nostra Cattedrale presto riaperta per le nostre celebrazioni, ci accompagni in questo cammino sinodale, perché sappiamo scegliere e decidere il cammino futuro della Chiesa. Così sia.

Ferrara 08/10/2023

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