Assemblea sinodale



Meditazione (1Ts, 1-2)

Anzitutto ringraziamo il Signore per il dono di questo cammino insieme, di questo cammino sinodale. Non è facile uscire dalle nostre abitudini, talora dal nostro individualismo per vivere in insieme un cammino di ascolto, discernimento e decisione, quale è il cammino sinodale che stiamo vivendo. Il ringraziamento al Signore per questo cammino sinodale non deve essere solo in questa celebrazione, occasionale, ma accompagnare i tempi e i luoghi di questo cammino sinodale, “ricordandoci nelle nostre preghiere” – come invita a fare Paolo. E’ un cammino quello del sinodo che vuole rigenerare le virtù che sono l’abito della nostra vita cristiana: la fede, che non è solo un atto dell’intelligenza ma operosità, impegno, testimonianza; la carità, di cui Paolo giustamente ricorda la fatica: la fatica della accoglienza, della condivisione; la speranza con la sua fermezza difronte ai fatti della storia che sembrano spegnerla. Tre virtù che hanno lo scopo di tenere presente sempre il Padre nostro, il Figlio, Gesù Cristo, lo Spirito Santo, cioè la nostra fede in un Dio Trinità. Tre virtù che Paolo ricorda che ha cercato di vivere in mezzo ai fedeli di Tessalonica, come noi siamo chiamati a vivere tra i fedeli delle nostre comunità, in questa Chiesa di Ferrara-Comacchio, anche nella sofferenza, anche sopportando gli oltraggi, con coraggio. Ciascuno di noi sa la fatica del credere e vivere la fede, la carità e la speranza in questo tempo, in cui rischiamo di riparare la fede, di seppellire il talento, di separarci dagli altri rischiando di indebolire il senso dell’appartenenza alla fede. Il cammino sinodale vuole aprirci, farci uscire da noi stessi, dal nostro isolamento ed egoismo, metterci in cammino, confrontarci e non continuare l’elenco delle lamentele che dimostrano solo il desiderio di non cambiare, di non convertirsi alla comunione. Senza la comunione la Chiesa è una scatola vuota, si riduce a edifici, a luoghi storici. L’ascolto della Parola e delle parole, il confronto, il discernimento, la decisione sono frutto – per usare le parole di Paolo – “di duro lavoro” di “fatica” che hanno al centro, però, il rinnovato annuncio del vangelo di Dio, che è la missione di ogni battezzato. Ringraziamo ancora il Signore, cari fratelli e sorelle, per questo tempo di grazia.

Introduzione ai lavori
Iniziamo il cammino sinodale di questo anno, dedicato al discernimento comunitario. Quattro sono i temi che lo guideranno: La Liturgia, La Parola, il linguaggio; la corresponsabilità e la ministerialità; i luoghi e le strutture ecclesiali; la parrocchia e le unità pastorali. Sono temi comuni per le Chiese in Italia, ma anche con declinazioni specifiche in ogni Chiesa locale. Il discernimento comunitario tiene presente il vissuto spirituale dei fedeli e l’azione pastorale delle nostre comunità per comprenderne la profondità e l’efficacia in ordine alla missione della Chiesa, cioè all’annuncio del Vangelo. Il vissuto spirituale dei fedeli è fatto dalla loro vocazione, dall’esperienza di preghiera personale e comunitaria, dalla partecipazione alla vita della comunità, alla responsabilità sociale. L’azione pastorale delle nostre comunità ha al centro la Liturgia, la Domenica – giorno del Signore per pochi -, il cammino di catechesi e formazione cristiana – spesso frammentato – la testimonianza della carità, coniugata con i cinque ambiti del Convegno di Verona (cittadinanza, lavoro e riposo, vita affettiva, fragilità personale e sociale, tradizione e comunicazione). L’agire della Chiesa conta su degli strumenti, degli spazi, delle strutture che nel tempo sono anche cambiati o diversi nelle Chiese – in Lombardia l’Oratorio in ogni parrocchia cosa che non c’è a Ferrara-Comacchio, i centri pastorali, le case parrocchiali, gli spazi sportivi, i luoghi ricreativi e di festa – ci sono 120 sagre nel ferrarese –, le scuole, le biblioteche, le case o appartamenti per l’accoglienza, i centri di ascolto. Di alcune di queste strutture e beni beneficiali la riforma concordataria del 1986 li ha affidati all’Istituto diocesano sostentamento del clero per la gestione, liberando i parroci dall’essere agricoltori, allevatori, imprenditori e agenti immobiliari. Altre strutture negli anni sono state chiuse o usate per altro (penso ai cinema e ai teatri), poche sono diventate ‘sale della comunità’. Altre strutture diocesane – come la Cattedrale, la Curia, i palazzi vescovili, i Seminari, Casa Cini, le case di vacanza – vanno ripensate nella loro collocazione e funzione. Anche le chiese non possono conservare le stesse funzioni: alcune da parrocchiali diventeranno chiese sussidiarie, altre santuari, altre luoghi di arte e di fede, altre affidate a comunità cattoliche di altra lingua (come la Chiesa dei servi affidata agli ucraini cattolici). C’è un patrimonio nelle nostre comunità che va valorizzato, incrementato, finalizzato, ma non abbandonato, a favore della Liturgia, dell’educazione, dei poveri. Al momento abbiamo fatto solo piccoli passi, che andranno accelerati. Forse, serve anche pensare a strumenti nuovi per la valorizzazione del nostro patrimonio. Questo tema che ho esemplificato, come gli altri temi (Liturgia, La Parola, il linguaggio; le unità pastorali, la corresponsabilità nella Chiesa), dovranno senza dubbio essere oggetto di discernimento comunitario in questo anno, avvalendosi dei Consigli pastorali e degli affari economici, di incontri specifici nell’unità pastorale e nei vicariati: abbiamo bisogno del contributo intelligente e operativo di tutti. Cerchiamo di avere il coraggio di far uscire dai corridoi le nostre considerazioni, condividerle senza pretese, accompagnarle con proposte concrete che s’inseriscano nell’agire della Chiesa e non nei gusti o manie personali e farle entrare nella conversazione spirituale dei nostri incontri, per alimentare il presente e il futuro della nostra Chiesa. Solo in comunione avverrà una ‘conversione pastorale’; solo nell’obbedienza della fede ciascuno con le sue responsabilità, con la sua esperienza, la sua storia ecclesiale.

Ferrara 10/09/2023

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