San Benedetto: uditore della Parola e costruttore di fraternità

 


Il monastero è scuola di servizio

“Fratelli, accorrete con animo alacre, ed insieme gustiamo la gioia di questa inclita solennità”. Con queste parole Paolo Diacono, in un inno dell’VIII secolo composto in onore di S. Benedetto per la festa dell’11 luglio, invitava i fedeli a celebrare la solennità di S. Benedetto. Con la stessa gioia, care sorelle e cari fratelli, cari presbiteri oggi celebriamo la solennità di S. Benedetto, padre fondatore del monachesimo occidentale e patrono dell’Europa. Celebriamo il ricordo di S. Benedetto in questo monastero delle benedettine, la cui vita è ispirata dalla regola di S. Benedetto e che da otto secoli anni condivide la propria vita religiosa con questa città e Chiesa di Ferrara. Guardando alla vita di S. Benedetto ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio. La pagina del libro dei Proverbi sembra ricordarci alcune caratteristiche del Santo. Anzitutto l’ascolto della Parola di Dio, sulla quale è costruita tutta la Regola monastica. “Ascoltare volentieri la lettura della parola di Dio”, si legge al cap.IV,55 della Regola. Come pure parlando del lavoro quotidiano, al cap. XLVIII, S. Benedetto scrive che i monaci “si dedichino allo studio della Parola di Dio” (n.4) e ripete che “anche alla domenica si dedichino tutti allo studio della Parola di Dio, a eccezione di quelli destinati ai vari servizi” (n.22). La sapienza di S. Benedetto nasce da questa familiarità con la Parola di Dio, accompagnata dallo studio per una comprensione profonda del testo. Nell’esortazione apostolica Verbum Domini Benedetto XVI scriveva che “ i contemplativi e le contemplative, con la loro vita di preghiera, di ascolto e di meditazione della Parola di Dio, ci ricordano che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (cfr Mt 4,4). Pertanto, tutti i fedeli abbiano ben presente che una tale forma di vita «indica al mondo di oggi, quello che è più importante, in definitiva, l’unica cosa decisiva: esiste una ragione ultima per cui vale la pena di vivere, cioè, Dio e il suo amore imperscrutabile” (V.D.83). L’ ascolto e incontro con la Parola di Dio alimentano l’amore a Dio, ma anche lo spirito di fraternità, favorendo l’esercizio della prudenza – che la pagina dei Proverbi ricorda - , la ricerca della giustizia, di una vita retta e di tutte le vie del bene. Queste caratteristiche ricordate dalla pagina dei Proverbi innervano la vita di S. Benedetto e delle comunità da lui fondate, che hanno generato una riforma della Chiesa. Ogni riforma non nasce da nuove parole, ma da nuovi gesti, nuove scelte di vita che hanno al centro il comandamento dell’amore, la costruzione di un’esperienza di vita fraterna. Di amore e di carità parla anche a pagina di San Paolo agli Efesini, che è autobiografica, perchè scritta in un momento dell’apostolo in cui è stato incarcerato. E dal carcere Paolo ricorda alcune caratteristiche della carità fraterna: l’umiltà, la dolcezza, la magnanimità, lo spirito di sopportazione, la pace. Sono caratteristiche che, in altro modo sono ripetute nel capito LXXII della regola di S. Benedetto, dedicato alle relazioni fraterne. Ogni famiglia, ogni comunità di vita consacrata, ogni comunità cristiana deve misurarsi su quanto riesce a incarnare nella vita quotidiana queste caratteristiche dell’amore cristiano ricordate da Paolo alla comunità di Efeso. Un amore che deve generare unità e non divisione. Un amore che nasce dalla paternità di Dio che ci rende tutti fratelli. “Come credenti - scrive in un bel passaggio dell’enciclica Fratelli tutti papa Francesco - pensiamo che, senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possano essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità. Siamo convinti che «soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi». E ripetendo Papa Benedetto, in un passaggio dell’enciclica Caritas in veritate, aggiunge: “Perché la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità” (F.T.272). Il fondamento ultimo della fraternità è la paternità di Dio, con cui siamo chiamati a entrare in relazione filiale in forza del Battesimo e della consacrazione. San Benedetto nella Regola dedica vari paragrafi alle relazioni fraterne, immaginando la comunità monastica come una fraternità. L’amore fraterno si alimenta nell’umiltà, come ricorda la pagina evangelica di Luca. Di fronte alla discussione dei discepoli chi sarà il più grande Gesù risponde: il più grande è “colui che serve”. E Gesù è stato il Servo per eccellenza fino a dare la sua vita per la salvezza degli uomini. Ogni ministero nella Chiesa è servizio: il Papa è ‘Il Servo dei servi’, i Vescovi e i presbiteri sono ‘servi’, l’abate è ‘servo’. Il monastero è scuola di servizio del Signore e di servizio reciproco. Il servizio, la ministerialità caratterizza l’autorità nella Chiesa. Care sorelle e cari fratelli, nel ricordo di S. Benedetto chiediamo al Signore di imparare ad essere ‘uditori della Parola’ per essere formati all’ amore a Dio e al prossimo, al servizio reciproco. Il mondo, l’Europa, la Chiesa hanno bisogno di amore e di servi, come S. Benedetto, che incarnino il Vangelo della carità per la salvezza del mondo. Così sia. 

Monastero Benedettine - Ferrara 11/07/2023

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