Pentecoste: lo Spirito del Signore abbraccia tutto



Siate porte aperte

Cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi la Pentecoste, giorno in cui rinnoviamo il ricordo del dono pasquale dello Spirito su Maria e gli Apostoli nel Cenacolo, come ci hanno ricordato la pagina degli Atti degli Apostoli e la pagina evangelica di Giovanni, ma anche il dono dello Spirito su chi tra noi, ha ricevuto il Battesimo e il sacramento della Confermazione. Pasqua e Pentecoste sono due volti di un Dio amore che ridona e rinnova la nostra vita. Ancora una volta ripetiamo la preghiera allo Spirito – con le parole della sequenza – perché venga tra noi, come luce, sollievo, conforto e scardini le nostre abitudini e certezze, “quasi come un vento che abbatte impetuoso”, e ci aiuti ad ascoltarci, a capirci, riconoscerci come fratelli: ascolto, comprensione e riconoscimento sono tre parole che ci hanno accompagnato in questi primi due anni del cammino sinodale. Dall’incontro, ascolto e riconoscimento reciproco come fratelli e sorelle siamo in grado di essere credibili e di annunciare “le grandi opere di Dio” nel tempo che ci è dato e nella quotidianità, che è lo spazio della nostra vita in cui camminare insieme e insieme testimoniare la fede, aprendo le porte delle nostre chiese, delle nostre città, delle nostre case, del nostro cuore. Per favore, per favore: apriamo le porte! Cerchiamo di essere anche noi – con le parole, i gesti, le attività quotidiane – come Gesù: una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno, una porta che permette a tutti di entrare a sperimentare la bellezza dell’amore e del perdono del Signore. Essere aperti e inclusivi gli uni verso gli altri, per aiutare l’Ungheria a crescere nella fraternità, via della pace – ha detto Papa Francesco nella sua omelia a Budapest, il 30 aprile scorso. Incoraggiamoci ad essere porte sempre più aperte: ‘facilitatori’ della grazia di Dio, esperti di vicinanza, disposti a offrire la vita, così come Gesù Cristo, nostro Signore e nostro tutto, ci insegna a braccia aperte dalla cattedra della croce e ci mostra ogni volta sull’altare. Lo dico anche ai fratelli e alle sorelle laici, ai catechisti, agli operatori pastorali, a chi ha responsabilità politiche e sociali, a coloro che semplicemente portano avanti la loro vita quotidiana, talvolta con fatica: siate porte aperte. Lasciamo entrare nel cuore il Signore della vita, la sua Parola che consola e guarisce, per poi uscire fuori ed essere noi stessi porte aperte nella società». Lo Spirito Santo facilita questi incontri, queste relazioni, entrando nel nostro cuore e spalancando le porte. La pagina di S. Paolo ai Corinzi ci ricorda che la nostra testimonianza di fede in Gesù Cristo come Signore e Redentore è accompagnata dallo Spirito Santo e dai suoi doni, accolti in maniera originale e unica da ciascuno, come ‘un unico corpo’ in cui le membra hanno funzioni diverse. Non solo. Per ognuno di noi c’è un particolare dono dello Spirito “per il bene comune”. L’espressione “bene comune” ha due significati. Da una parte lo Spirito Santo è fonte di comunione e di condivisione nella Chiesa, genera e valorizza le differenze, accoglie varie forme di ministerialità e di carismi, dentro l’unità della Chiesa; dall’altra l’azione dello Spirito ci dona la capacità di guardare non solo a noi stessi, ma anche agli altri, di amare il prossimo, contribuire alla vita sociale e costruire comunità. L’espressione “bene comune” ritorna spesso nel magistero sociale della Chiesa per coniugare evangelizzazione e promozione umana, evangelizzazione e testimonianza della carità. In una città, costantemente sollecitata al cambiamento, motivato sia dalle problematiche generali che da quelle locali, il parametro economico rischia di essere l’unica misura su cui si costruisce la vita e il futuro: di sé, degli altri e della vita nel mondo. Rinascono forme di individualismo sempre più impermeabili ai valori fondamentali che alimentano il tessuto connettivo di una comunità: prevale una concezione rivendicativa della propria appartenenza civica e la cittadinanza si riduce alla fruizione di servizi e alla pretesa di diritti senza reciprocità. L’impressione è che sia venuta meno la consapevolezza della correlazione tra diritti e doveri sociali. Questa prospettiva mette in crisi il concetto stesso di bene comune, riducendolo semplicemente ad una somma di interessi individuali. La costruzione di una comunità viene così indebolita. Il dono dello Spirito, a Pentecoste, aiuta a uscire dall’individualismo per ricreare comunità, città. A questo proposito c’è un bel passaggio dell’enciclica Lumen fidei di papa Francesco che sottolinea come la fede, illuminata dallo Spirito Santo “fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore, e così illumina l’arte dell’edificazione, diventando un servizio al bene comune. Sì, la fede è un bene per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l’interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell’aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza” (L.F.51). Cari fratelli e sorelle, accogliamo la pace del Signore, dono della Pasqua e lo Spirito Santo che perdona e consola. E chiediamo allo Spirito Santo di accompagnare il nostro cammino personale ed ecclesiale in questo tempo sinodale, perché, alla sequela del Signore, da figli di Dio sappiamo essere attenti costruttori del ‘bene comune’ e ricostruire il tessuto cristiano delle nostre comunità. “Vieni Spirito Santo, Vieni padre dei poveri”. Così sia.
Ferrara 28/05/2023

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