L’umanità e la verità di Gesù



I soldi sono spesso lo strumento del tradimento, del non riconoscimento della dignità della persona...


Cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi la Domenica delle Palme che apre il tempo della Passione e morte del Signore che si conclude con la Pasqua di risurrezione. La celebrazione si è aperta nella gioia di una festa, di un incontro con il Signore a Gerusalemme. Tutta la città è “agitata” da questo arrivo e si domanda: “Chi è costui?”. E la folla proclama che Gesù è il profeta venuto da Nazareth di Galilea. La festa poco dopo si trasforma in dolore, la folla dal gridare ‘Osanna’ passa a urlare ‘Crocifiggilo’, non riconosce più in Gesù il profeta, ma un traditore. Dalla gioia si passa alla sofferenza. Dalla vita si passa alla morte. Il racconto della Passione che abbiamo ascoltato oggi è quello dell’evangelista Matteo. Il racconto si apre con il tradimento di Giuda che, per soldi, tradisce e manda a morte Gesù. I soldi sono spesso lo strumento del tradimento, del non riconoscimento della dignità della persona. I soldi sono il motivo della guerra e della mancanza di pace, anche oggi. I soldi, il profitto genera sfruttamento. I soldi purtroppo rovinano la politica e non aiutano la ricerca del bene comune. I soldi, che mancano o che sono troppi segnano la vita anche delle nostre comunità cristiane, delle nostre famiglie. Ai soldi, contrariamente a quanto si dice e pensiamo, è legata la morte più che la vita. Giuda – come scriveva don primo Mazzolari – è veramente “nostro fratello”, ci somiglia, soprattutto in questa fede nel denaro, come la risoluzione di tutti i problemi, che lo porta anche a tradire il Maestro, il suo discepolato. Il secondo momento importante della Passione è la cena di Gesù con gli apostoli. Per l’apostolo Matteo è la cena pasquale ebraica che Gesù vuole condividere con gli apostoli. Ma quella Cena, dove si annuncia il tradimento, diventa la cena del dono di sé, la cena della memoria del dono, la cena eucaristica, la Cena della nuova Alleanza. Le parole di quella cena le ripetiamo da duemila anni. Le ripeteremo anche stasera in questa Eucaristia, come in ogni eucaristia. E’ la cena del dono. E il sacramento del dono della vita, del sacrificio della Croce. Il terzo momento importante del racconto della Passione rivela l’umanità di Gesù. E’ l’angoscia, la tristezza che diventa anche invocazione al Padre perché non lo abbandoni. Mai come in questi momenti Gesù è più vicino a noi, alla nostra tristezza, alle nostre paure, al nostro dolore. Mai come in questo momento Gesù condivide “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce delle persone, soprattutto dei poveri, dei malati” (G.S.1), le tante via crucis dell’uomo, i cui segni sono evidenti anche oggi: nei 90 morti nel naufragio di Cutro, nei suicidi di tanti giovani, nelle violenze familiari, nei morti e nei feriti e negli orfani della guerra in Ucraina e di tante guerre, nelle sofferenze di chi ha fame e sete. Gesù è prossimo a noi nella passione e anche nella morte in Croce, il segno efficace di una umanità del figlio “simile a noi in tutto, fuorché nel peccato”. La folla, i capi dei sacerdoti, gli anziani non comprendono questa umanità di Dio, la considerano una bestemmia. Non concepiscono un Dio che si abbassa, ma che al tempo stesso rimane il Figlio di Dio. Non comprendono ‘il compimento’, ciò che Dio compie nel Figlio. Lo rinnegano, come anche Pietro, che però, si pente, soffre per il tradimento, si affida al Signore e per questo riceverà il perdono di Gesù, mentre Giuda non si pente, ma si dispera, non si fida del Signore, come anche uno dei ladroni. Il rinnegamento di Gesù e il tradimento da parte della folla, dei sacerdoti e degli anziani arriva anche a negare la verità, in quella preferenza a salvare un condannato, Barabba, piuttosto che un innocente, Gesù. Gli interessi, la rabbia, la conservazione del potere rischiano di annebbiare la mente e spegnere il cuore. Sempre. Due persone, senza comprendere, l’uno, solo per rispetto umano, Il Cireneo, e Giuseppe d’Arimatea, l’altro, che seppellisce Gesù si fanno prossimi a Gesù. Nessuno di loro due è di Gerusalemme, sono due stranieri, due lontani: Simone è un ebreo libico, della Cirenaica; Giuseppe è di Arimatea, una città della Giudea. E le donne, due Marie, che ci ricordano il valore della fedeltà e della testimonianza e per questo saranno le prime testimone del Risorto. Cari fratelli e sorelle, facendo nostro l’appello di Papa Francesco, “In questi giorni santi, a casa, stiamo davanti al Crocifisso – guardate, guardate il Crocifisso! – misura dell’amore di Dio per noi. Guardando al Crocifisso… chiediamo la grazia di vivere per servire” (Papa Francesco, Ti racconto il Vangelo. Domenica dopo domenica ti racconto il Vangelo di Matteo, Roma, Libreria Editrice Vaticana, 2022, p.72). E ripetiamo: “Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo: perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo”. Così sia.

Ferrara-Comacchio 02/04/2023

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