Il Beato Bonfadini: angelo della fede e della carità

Il ricordo di un testimone di Cristo risorto: il Beato Antonio Bonfadini, francescano, nato a Ferrara nel 1402 da una ricca e nobile famiglia e morto a Cotignola nel 1482

Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, la gioia della Pasqua riempie ancora il nostro cuore in questo giorno. L’angelo, che annuncia la risurrezione alle donne, oggi ci ricorda che il Signore è vivo, è tra noi. Ci ripetiamo l’augurio pasquale: il Signore è risorto, è qui. E’ l’augurio che rivolgo anche alle autorità presenti che saluto con deferenza. La gioia della Pasqua è resa ancora più autentica per il ricordo di un testimone di Cristo risorto, il Beato Antonio Bonfadini, francescano, nato a Ferrara nel 1402 da una ricca e nobile famiglia e morto a Cotignola nel 1482, che oggi desideriamo ricordare, nel giorno anniversario della traslazione del suo corpo dalla chiesa parrocchiale di S. Stefano alla chiesa di S. Francesco, nel 1490. La vocazione alla vita religiosa del beato Antonio cresce nella Ferrara del ’400, che vede la celebrazione di alcune sessioni del Concilio di Ferrara-Firenze (1438-39), il Concilio dell’unità tra le Chiese cattolica e ortodossa, che colpì molto il giovane Antonio, ma anche dalla presenza di due figure di santi - il beato Tavelli, Vescovo di Ferrara e S. Caterina Vegri, fondatrice del monastero delle Clarisse di Ferrara – oltre che di figure di spicco per cultura e vita religiosa come Michele e Girolamo Savonarola, il noto domenicano. Ci mettiamo in ascolto della parola di Dio, Parola di vita, parola che non passa, ma che ogni volta che l’ascoltiamo, come l’ha ascoltata il Beato Bonfadini, suscita in noi un cammino rinnovato di vita cristiana. La prima lettura, una pagina degli Atti degli Apostoli, ci ricorda come la risurrezione è al centro dell’annuncio e della testimonianza cristiana. Lo richiama Pietro a voce alta: “Gesù di Nazareth… crocifisso… Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte”. Credere nella passione, morte e risurrezione di Gesù è stato il primo annuncio della comunità apostolica. E di questa fede i discepoli sono stati i primi testimoni, come siamo chiamati ad esserlo noi oggi, guardando all’esempio del Beato Bonfadini. Il Beato Antonio, giovane ricco, a 37 anni ha lasciato tutto e, attratto dall’esempio del Beato Tavelli, il santo Vescovo di Ferrara, e dalla predicazione in città - ripetuta cinque volte - di S. Bernardino da Siena, sceglie di vestire l’abito francescano, con il desiderio di testimoniare la pace e la carità di Cristo. Certamente anche la peste e le epidemie, le guerre e le violenze familiari portarono il Beato Antonio a vestire l’abito francescano e dedicarsi ai più poveri e ai malati. Per questo, dopo anni di studio e di vita spirituale e l’ordinazione presbiterale iniziò ad essere predicatore nelle chiese e nelle piazze della sua città e della Romagna e in molte città d’Italia, fino a coltivare il desiderio di essere missionario in Terra Santa, la terra di Gesù, terra insanguinata ieri come oggi, affrontando il rischio di andare ad aumentare i martiri francescani in quella Terra. E nella Terra di Gesù il Beato Bonfadini annunciò la pace, ma soprattutto la speranza cristiana. La speranza cristiana non è un semplice sentimento, ma una virtù, una virtù teologale, che aiuta ad attendere, a vigilare, a cercare, a incontrare il Signore per leggere ogni vicenda umana con gli occhi della fede. “Noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi, che giorno per giorno ci mantengono in cammino – ha scritto Papa Benedetto nell’enciclica Spe salvi. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli non possiamo raggiungere” (S.S. 31). Il Beato Antonio ha scelto la grande speranza, quella che nasce dalla Pasqua, per la quale ha dato la sua vita. Anche la pagina evangelica ci parla dell’annuncio della Pasqua, con protagoniste le donne: Gesù va loro incontro, le saluta e chiede di non avere paura, rassicura e chiede di annunciare la risurrezione ai ‘fratelli’. “Salute a voi” è la prima parola del Risorto. A Gesù sta a cuore la nostra salute, il nostro benessere, la nostra pace. Non sono parole vuote, sono parole che riempiono di senso la nostra vita e la rendono più bella, più buona. La seconda parola del Risorto è ‘Non temete’. E’ una parola importante oggi, in un tempo di post pandemia che ha lasciato gravi strascichi: tensioni in famiglia, povertà e precarietà, disagio nei giovani. La risurrezione crea fraternità, condivisione, allontana le paure, è fonte e forma della speranza. Hanno paura del Risorto, invece, le guardie e gli anziani, che cercano di nascondere e negare la risurrezione di chi avevano Crocifisso e per questo sono ‘come morte’. Gli anziani perdono l’ultima occasione per convertirsi, per riconoscere che Gesù è il Messia, il Signore. La paura distoglie il loro sguardo dalla realtà, li chiude in se stessi, li allontana dalla verità. La verità, invece, aiuta a correre, ad amare, a sperare. La verità rende liberi davvero. La verità, animata dalle fede, dalla carità e dalla speranza in Dio Creatore e Padre e nel Figlio Crocifisso e Risorto ha accompagnato la predicazione del beato Bonfadini fino al giorno in cui ha deciso di ritornare in Italia e arrivare tra voi, qui, a Cotignola. Tra voi continuò il suo compito di predicatore, anche se presto la salute fu segnata, fino ad aggravarsi e a morire. La sua tomba, in questa chiesa parrocchiale, fu meta di pellegrini e molte furono le grazie, fino ad oggi. E nonostante i vari tentativi di trasferire il suo corpo a Ferrara rimase sempre nella sua Cotignola, custodita dai suoi confratelli e dai suoi cittadini, perché segno di una vita spesa per il Signore. Solo nel 1967 il suo corpo incorrotto fece ritorno per una visita alla sua città di origine, nella Cattedrale di Ferrara e nel Convento di Santo Spirito: la città della sua conversione e il convento della scelta francescana. In quell’occasione, l’arcivescovo Natale Mosconi, venerato predecessore e come me cremonese, disse nell’omelia in Cattedrale, che “la santità- e lo ripete il Vaticano II – non è soltanto la meta e la consumazione cioè la perfezione eterna, ma è la vita della comunione dei santi con noi ancora peregrini, è la intercessione dei santi per noi, così some la gloria che ad essi rendiamo è glorificazione di Dio e crescita di grazia e di santità del popolo di Dio”. Cari fratelli e sorelle, sentite ancora presente tra voi il Beato Bonfadini a ricordare la vocazione di ogni cristiano alla santità, descritta anche dalla Lettera apostolica Gaudete et Exultate di Papa Francesco. “La santità è parresia: è audacia, è slancio evangelizzatore che lascia un segno in questo mondo – ha scritto Papa Francesco. Perché ciò sia possibile, Gesù stesso ci viene incontro e ci ripete con serenità e fermezza: «Non abbiate paura» (Mc 6,50). «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Queste parole ci permettono di camminare e servire con quell’atteggiamento pieno di coraggio che lo Spirito Santo suscitava negli Apostoli spingendoli ad annunciare Gesù Cristo” (G.E. 129). Cari fratelli e sorelle, questo tempo che stiamo vivendo chiede a ciascuno di noi di vincere la paura per annunciare la Pasqua, come ha avuto il coraggio di fare nella sua vita il Beato Bonfadini. Cristo risorto è la nostra speranza: l’annuncio della Pasqua che oggi risuona ancora nelle parole dell’angelo ci renda testimoni della gioia del Vangelo, discepoli del Signore come il Beato Bonfadini che oggi celebriamo. Così sia.

Cotignola - Ra 10/04/2023

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