Trasfigurati dalla misericordia e dall’amore di Dio



La nostra ‘trasfigurazione’ in Quaresima, cari fratelli e sorelle, avviene solo nella libertà, nel silenzio, nel perdono ricevuto e nel perdono offerto, nella giustizia che ricostruisce lacerazioni, privazioni, per generare fraternità


Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, iniziamo oggi il cammino quaresimale, cammino di conversione. Ognuno di noi è chiamato a intraprendere questo cammino, in sintonia anche con il cammino sinodale che stiamo vivendo. Don Luigi Giussani, di cui oggi ricorre l’anniversario della morte, in un ritiro d’inizio Quaresima a Pianezze, nel 1975, scriveva che “La Quaresima è lo strumento sacramentale per incrementare la nostra conversione…È un tempo sacramentale, è un tempo che è destinato da Dio a darci un impeto di trasformazione più grande. Perciò, le solite cose o le solite pratiche, intraprese, per l’obbedienza alla Chiesa, nel tempo quaresimale, hanno un significato più grande, hanno una potenza trasformatrice più grande. Altrimenti è tutto nominalismo, sono tutti nomi per noi, e non c’è la differenza, cioè non c’è la storia: trattiamo l’agosto e il settembre come trattiamo la Quaresima, vale a dire, con la stessa ignavia e con la stessa distrazione”. La Quaresima che oggi inizia è un tempo forte, d’impegno, un tempo di preparazione a vivere il Mistero pasquale, mistero di morte e risurrezione di Gesù Cristo, il Messia, il Salvatore, ma anche mistero della nostra trasfigurazione, come ci ricorda papa Francesco nel Messaggio quaresimale di quest’anno, dove accosta cammino quaresimale e cammino sinodale: “Il cammino ascetico quaresimale e, similmente, quello sinodale – ha scritto nel messaggio Papa Francesco - , hanno entrambi come meta una trasfigurazione, personale ed ecclesiale. Una trasformazione che, in ambedue i casi, trova il suo modello in quella di Gesù e si opera per la grazia del suo mistero pasquale”. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio per lasciarci guidare dal Signore in questo cammino quaresimale. Le parole del profeta Gioele sono un invito a ritornare’ dal Signore ‘con tutto il cuore’. Il ritorno al Signore nasce dalla consapevolezza della sua misericordia, del suo “grande amore – ci ripeta il profeta -, di cui tutti possono godere nel popolo, dagli anziani ai fanciulli, dagli sposi alle spose. La misericordia e l’amore di Dio, la sua compassione ci porta a chiedere il suo perdono. La Quaresima è tempo di perdono: un perdono da chiedere al Signore nel sacramento della Riconciliazione, ma anche un perdono da ritornare ai fratelli e alle sorelle. Senza perdono la Chiesa non diventa una fraternità. Senza perdono la nostra società rischia di alimentare tensioni, contrapposizioni, vendette. Lo sottolinea Papa in un passaggio importante dell’enciclica Fratelli tutti: “Quanti perdonano davvero non dimenticano, ma rinunciano ad essere dominati dalla stessa forza distruttiva che ha fatto loro del male. Spezzano il circolo vizioso, frenano l’avanzare delle forze della distruzione. Decidono di non continuare a inoculare nella società l’energia della vendetta, che prima o poi finisce per ricadere ancora una volta su loro stessi. Infatti, la vendetta non sazia mai veramente l’insoddisfazione delle vittime. Ci sono crimini così orrendi e crudeli, che far soffrire chi li ha commessi non serve per sentire che si è riparato il delitto; e nemmeno basterebbe uccidere il criminale, né si potrebbero trovare torture equiparabili a ciò che ha potuto soffrire la vittima. La vendetta non risolve nulla. Neppure stiamo parlando di impunità. Ma la giustizia la si ricerca in modo adeguato solo per amore della giustizia stessa, per rispetto delle vittime, per prevenire nuovi crimini e in ordine a tutelare il bene comune, non come un presunto sfogo della propria ira. Il perdono è proprio quello che permette di cercare la giustizia senza cadere nel circolo vizioso della vendetta né nell’ingiustizia di dimenticare” (F.T. 251-252). La Quaresima è tempo di riconciliazione, ci ricorda l’apostolo Paolo. Anche la riconciliazione la impariamo da Dio Padre che ci ha regalato suo Figlio, morto e risorto, perché fossimo riconciliati con Lui. La riconciliazione è una grazia, è un sacramento affidato alla sua Chiesa e ai suoi ministri. Troppe volte non valorizziamo questo sacramento. Troppe volte lo sentiamo non una grazia, ma un peso. Troppe volte non percepiamo il valore di affidarci alla Chiesa come al luogo del perdono e della riconciliazione. “Parlare di riconciliazione e penitenza – ha scritto S. Giovanni Paolo II nell’esortazione Reconciliatio et poenitentia - è, per gli uomini e le donne del nostro tempo, un invito a ritrovare, tradotte nel loro linguaggio, le parole stesse con cui il nostro salvatore e maestro Gesù Cristo volle inaugurare la sua predicazione: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15), accogliete, cioè, la lieta novella dell'amore, dell'adozione a figli di Dio e, quindi, della fratellanza” (R.P. 1). La pagina evangelica di Matteo che abbiamo riascoltato ci ricorda il valore della giustizia, dei gesti di carità, anche del digiuno solo quando non sono esibiti, solo quando diventano tappe di un cammino morale personale, solo quando trasformano il nostro cuore e il cuore delle persone che incontriamo. Sono parole importanti in questo tempo in cui rischiamo di essere anche noi vittime della notizia, del far notizia, del cercare consenso attorno ai nostri gesti di carità e di giustizia. La nostra ‘trasfigurazione’ in Quaresima, cari fratelli e sorelle, avviene solo nella libertà, nel silenzio, nel perdono ricevuto e nel perdono offerto, nella giustizia che ricostruisce lacerazioni, privazioni, per generare fraternità. Il Signore ci accompagni in questo cammino quaresimale, perché siamo trasfigurati dal suo amore e dalla sua misericordia, perché non siamo “distratti” – come ci ricordava don Giussani - dalla cronaca e costruire la nostra storia, che trova nella Pasqua la sua pienezza. Così sia.

Ferrara 22/02/23

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