La Costituzione pastorale Gaudium et spes. Profilo, problemi, recezione


Premessa

Nel discorso conclusivo del Concilio, il 7 dicembre 1965, Paolo VI rispondendo ad alcuni interrogativi sul significato religioso dell’assise, disse: “(Il Concilio) è stato vivamente interessato dello studio del mondo moderno. Non mai forse come in questa occasione la Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, avvicinare, di comprendere, di penetrare, di servire, di evangelizzare la società circostante , e di coglierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e continuo mutamento”. E continuava dicendo come “la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità;.. La Chiesa del Concilio , sì, sì, si è occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa soltanto centro d’ogni interesse… l’uomo tragico dei suoi propri drammi, l’uomo superuomo di ieri e di oggi e perciò sempre fragile e falso, egoista e feroce…La religione del Dio che si fa Uomo si è incontrata con la religione dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro? Una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio”.


Le parole di San Paolo VI a conclusione del Concilio richiamano già l’importanza della costituzione pastorale Gaudium et spes, che è l’ultima costituzione approvata dall’assemblea conciliare, il 7 dicembre 1965, il giorno prima della chiusura del Concilio Vaticano II, con 75 voti contrari su 2.391 votanti. Anche l’Arcivescovo di Ferrara Mons. Natale Mosconi, padre conciliare, votò a favore. Il cammino di approvazione del testo fu lungo e travagliato, con quattro schemi esaminati e bocciati, perché il tema era nuovo e anche perché incrociò la pubblicazione dell’enciclica Pacem in terris di San Giovanni XXIII. Un nuovo testo fu preparato dalla Commissione guidata dal card. Suenens con un gruppo di professori di Lovanio e i padri Congar, Rahner, Tucci e il testo finale fu elaborato da Mons. Philips, ma non fu inviato ai padri conciliari. La nomina di San Paolo VI e la pubblicazione dell’enciclica Ecclesiam suam, del 1964, in cui si supera la concezione della Chiesa come società perfetta e si predilige il termine ‘comunione’ – che diventerà centrale al Concilio – e in cui si ricorda che la distinzione dal mondo non è separazione dal mondo, invitando al dialogo: “Non si salva il mondo dal di fuori – scrive San Paolo VI -. Come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, si devono assimilare, in una certa misura, le forme di vita di quelli ai quali si vuole portare il messaggio di Cristo. Senza rivendicare privilegi che allontanano, senza mantenere la distanza di una lingua incomprensibile (…). Bisogna farsi fratello degli uomini”. Nell’ottobre del 1964 fu ripreso lo schema XIII sulla Chiesa nel mondo, ma l’esame non fu concluso, perché alcuni ritenevano che mancava di una dimensione sociale e altri di una dimensione teologica. Nei primi mesi del 1965 fu fatto un grande lavoro su 11 testi, tra cui il testo XIII su La Chiesa nel mondo, che fu rivisto da mons. Garrone dopo alcune proposte scritte, 157 interventi in aula. Alcuni commentatori scrivono che ci fu un momento che rischiò di scomparire dall’agenda conciliare. Il termine ‘pastorale’ nel titolo del documento non significa che non proponga un insegnamento dottrinale, ma che si riferisce soprattutto all’agire della Chiesa, alla morale. Nell’elaborazione del documento ci fu una tensione tra la visione pessimistica del mondo, soggetto al dominio del peccato, propria di molti padri e dei vescovi tedeschi in particolare, e la visione ottimistica, tehillardiana, difesa dai padri francesi, olandesi e belgi. Come una pure una differenziazione tra la visione teologica di Danielou e quella più sociologica di Pavan e Haring. Si arrivò a una sintesi tra i diversi punti di vista.
Philips considera la Gaudium et spes il documento più originale del Concilio.
L’esposizione introduttiva (1-10), dopo una descrizione della condizione umana con i suoi mutamenti, chiede di interrogarsi sui ‘segni dei tempi’, categoria ripresa da San Giovanni XXIII, già presente nel magistero. I ‘segni dei tempi’ (4, 10-11, 42,44) sono appelli alla giustizia e alla pace, eventi che obbligano a guardare la storia, la contemporaneità, a fare scelte, a orientare la partecipazione, la responsabilità personale e collettiva e non semplicemente a condannare e a lamentarsi, appelli alla ragione, alla fede, all’immaginazione. Propone poi una nuova visione del rapporto Chiesa-mondo: una vera e propria “intimità”: “la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la storia” (3): un mondo, quello odierno, che dobbiamo “conoscere e comprendere”, nelle “sue attese, aspirazioni e nel suo carattere spesso drammatico” (4), nei suoi profondi cambiamenti (5-7) e squilibri (8), nelle sue aspirazioni (9) e negli interrogativi più profondi (10).
Alle gioie e alle tristezze, alle speranze e alle angosce, alle aspirazioni e agli interrogativi più profondi dell’uomo, la Gaudium et spes risponde con una visione dell’uomo e della storia, della Chiesa e del mondo veramente rinnovata. La passione per il mondo caratterizza questi primi numeri introduttivi.
Qualcuno ha giudicato questa rilettura del rapporto Chiesa-mondo troppo “ottimista”, gli osservatori protestanti e ortodossi non furono soddisfatti, e anche, per alcuni, causa della crisi post-conciliare. In realtà, la visione inaugurata dalla Gaudium et spes è risultata essere ricca e nuova soprattutto nella sua ispirazione globale che non nello svolgimento specifico dei singoli temi. «Basti pensare - ha scritto Luigi Sartori - alla sua enorme influenza esercitata sulla pastorale di quasi tutte le Chiese per quanto riguarda il metodo del “vedere-giudicare-agire” e la prospettiva del dialogo sull’umano».


Una Chiesa che ‘cammina


1- La centralità della persona, di ogni persona: grandezza e miseria dell’uomo (12-18)


La Costituzione conciliare segna la strada a una antropologia teologica, cristocentrica, che si nutre del personalismo, ma anche della nuova stagione dei “diritti dell’uomo”, segnalando altresì l’importanza di nuovi soggetti (i giovani e le donne) a cui il Magistero pontificio precedente (Pio XII e San Giovanni XXIII) e successivo (in particolare San Giovanni Paolo II) hanno dato grande importanza . Un personalismo teologico nutrito da una filosofia che ha come ispiratori Jacques Maritain, Emanuel Mounier, Stefanini, interpreti pastori come Pellegrino, Lercaro, Ursi, teologi come Chenu e Congar.
Si è parlato giustamente di un nuovo umanesimo cristiano, di una nuova “simpatia per l’uomo”. Il primo capitolo della costituzione (La dignità della persona umana) sviluppa la grandezza (“immagine e somiglianza di Dio”, “la gloria di Dio”) e la miseria (il peccato) dell’uomo, come strutturale al suo essere, originale e originante (rilettura della creazione), una persona dove il corpo ha valore come l’anima, ha un’intelligenza e una coscienza, libero, è limitato. Un uomo che è anche ateo, non credente (19-21), che rifiuta di riferirsi a Cristo come al nuovo Adamo, Alfa e omega, inizio e fine della storia (22), a colui che Figlio ci ha resi figli. Interessante che un Concilio rifugga da un’impostazione solo apologetica e si domandi come porsi davanti a chi non crede.


2- La storia “luogo teologico”: grandezza e miseria della storia umana (23-39)


La storia è il luogo in cui costruire una comunità nuova, un’autentica fraternità (24), la dimensione sociale della Chiesa: “Dio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro con animo di fratelli” (24). L’indole sociale e fraterna della Chiesa la porta a valorizzare l’interdipendenza tra gli uomini (25), . la cura della terra (37), la ricerca del bene comune, l’attenzione alle persone deboli, con senso di giustizia, più che per pura assistenza (“6). In questo senso va letto questo passaggio del documento conciliare:
“Soprattutto oggi urge l’obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accanto: vecchio abbandonato da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente disprezzato, o esiliato, o fanciullo nato da un’unione illegittima… o affamato» (27). O ancora, l’indole sociale della Chiesa chiede l’attenzione a tutto ciò che offende la vita: «Ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; … le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche; … le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, le condizioni di lavoro disumano” (27).
In questa storia, fatta di grandezza e miseria, la Chiesa è chiamata ad annunciare il vangelo di salvezza, la responsabilità e la partecipazione di tutti, l’amore ai nemici. Non ci si salva da soli, ma “in comunione”, nella Chiesa: questa idea di salvezza presente nella Gaudium et spes è rivoluzionaria, perché non è più in termini privatistici, ma comunitari.
La vita della comunità degli uomini è in cammino: se è vero che non occorre far coincidere il progresso umano e la realizzazione del Regno, la realtà della storia e l’escatologia, è vero anche che nella storia Dio è presente, accompagna con amore l’uomo e che «quei valori quali la dignità dell’uomo, la comunione fraterna e la libertà, cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità» (39) sono un segno dei cieli e della terra nuovi.


3- Il segno della carità e i “segni dei tempi” (38, 42)


Se il numero 4 e il numero 11 della costituzione conciliare usano l’espressione - recuperandola dalla Pacem in terris (38-39) - dei “segni dei tempi”, come luoghi da scrutare e interpretare per camminare “prossimi all’uomo”. Il numero 38 della Gaudium et spes è da considerare centrale. Dio carità entra nella storia. Pertanto, i cristiani «che credono alla carità divina sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini. Così pure (Cristo) ammonisce di camminare sulle strade della carità non solamente nelle grandi cose, bensì soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita». È il numero anche che collega i sacramenti, in particolare l’Eucarestia, e l’azione dei cristiani: il domani e l’adesso. E nell’oggi la carità si traduce anche in “servizi segno” ricordati al 42 della costituzione: “Dove fosse necessario, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, anche la Chiesa può, anzi deve suscitare opere destinate al servizio di tutti, ma specialmente degli ultimi, come per esempio opere di misericordia”.


4- Il dialogo Chiesa e mondo: la strada della salvezza (40-45; 92)


Il dialogo Chiesa-mondo è una delle novità più significative della Gaudium et spes. Da qui lo sviluppo di alcuni paragrafi che si caratterizzano per questa “mutua relazione” indicata con la parola “aiuto”: l’aiuto che la Chiesa offre alle persone, alla società, all’attività umana e l’aiuto che la Chiesa riceve dal mondo (uomini di cultura, credenti e non credenti, persone impegnate nelle istituzioni, tutti gli uomini di buona volontà).
Il tema del dialogo viene ripreso al 92, nella conclusione della Gaudium et spes, quale “segno di fraternità”.


5- Nuovi stili di vita (46-62)


La seconda parte della Gaudium et spes risente fortemente del tempo, ma è anche ricca di aspetti e valori importanti.
Il primo capitolo (47-52) parla dell’importanza del matrimonio e della famiglia, fondata sull’amore coniugale e sulla paternità responsabile, una “scuola di umanità” (52), un luogo educativo.
Nel secondo capitolo (53-62), la Gaudium et spes parla della cultura e accenna più volte alla pluralità delle culture come occasioni per un nuovo umanesimo, per “nuovi stili di vita” (54), come luoghi di crescita del bene comune, non come luoghi collaterali al potere politico (59). È una cultura integrale quella che è in grado di educare, attenta a tutta la persona, alla sintesi, ma anche “che non trascuri il contatto con il proprio tempo” (62): una cultura che valorizza l’esperienza.
La recezione del primo capitolo sulla famiglia ha avuto approfondimenti successivi nel Magistero di San Giovanni Paolo II, uno degli estensori dei numeri sul matrimonio e famiglia, nelle catechesi sull’amore dello stesso Papa, nel sinodo sulla famiglia (1980) e nella Familiaris consortio e nei due sinodi dedicati alla famiglia da papa Francesco e nell’ Amoris Laetitia. La santità matrimoniale in diversi modi è cresciuta nella spiritualità familiare, con figure esemplari presentate alla Chiesa. Il capitolo sulla cultura ha visto la nascita e la valorizzazione del dialogo tra culture, nuovi strumenti di comunicazione, la partecipazione del mondo cattolico alla vita culturale dei diversi Paesi, con l’attenzione ai linguaggi e agli strumenti di comunicazione sociale.


6- L’economia: ricchezza e povertà (63-72), terzo capitolo


La Gaudium et spes parte dalla constatazione che oggi il lusso si accompagna alla miseria. Da qui nasce l’esigenza di «assicurare il giusto equilibrio tra i bisogni attuali di consumo, sia individuale che collettivo, e le esigenze di investimenti per la generazione successiva» (70).
Così pure «Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene, all’uso di tutti gli uomini e popoli, così che i beni creati devono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti. Pertanto, quali siano le forme della proprietà…, si deve sempre ottemperare a questa destinazione universale dei beni…A tutti gli uomini spetta il diritto di avere una parte di beni sufficienti per sé e la sua famiglia» (69): è il principio della destinazione comune dei beni, uno dei temi più originali del Concilio, in riferimento alla funzione sociale della proprietà, più che alla difesa del diritto di proprietà individuale. È da questa ricerca di beni per sé e per la propria famiglia che nasce anche la mobilità dei popoli e la scelta di pace.


Recezione: Mani Tese, impegno e campagne per la fame nel mondo, modelli economici diversi – Mattei, Olivetti – una finanza attenta al territorio -Giordano dell’Amore - esperienze di comunione dei beni laiche – Loppiano, Nomadelfia e don Zeno, ma anche le Bissarre a Ferrara - e religiose – l’economia di comunione, la cooperazione sociale, l’impresa sociale…


7- La politica: il segno più alto di servizio (73-76), quarto capitolo


Meno originali sono le pagine sulla politica della costituzione che richiamano da una parte la necessità dell’autorità, ma anche il dovere della responsabilità e dell’attenzione di tutti i cittadini alla vita politica e alla ricerca del bene comune.
Interessante il passaggio, che segna la necessità del dialogo istituzionale, in cui si afferma che «la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti l’una dall’altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini» (76).
Recezione: la partecipazione politica dei cristiani, a diversi livelli, le leggi sociali, le scuole di formazione all’impegno sociale e politico (dagli anni ’80), la ricchezza del Magistero sociale (fino al Concilio tre documenti – 70 anni- e dopo il Concilio 8 documenti – 60 anni) fino al capitolo quinto sulla politica della Fratelli tutti di Papa Francesco.


8- La pace e la non violenza: l’alternativa (77-82), capitolo quinto


Alcune pagine storiche del capitolo V della costituzione sono dedicate al problema della guerra, degli armamenti e al tentativo profetico di tracciare percorsi di pace, anche alla luce dell’enciclica Pacem in terris di San Giovanni XXIII, pubblicata due anni prima. La Gaudium et spes, al n. 78, parlando della natura della pace ricorda che “la pace terrena nasce dall’amore del prossimo”. Dalle parole del Concilio ne consegue la condanna di ogni guerra e della corsa agli armamenti e il superamento della teoria della guerra giusta, ma anche la proposta di educazione alla pace con la proposta dell’obiezione di coscienza alle armi: “sembra conforme ad equità che le leggi provvedano con umanità al caso di coloro che, per motivi di coscienza, rifiutano l’uso delle armi, purché accettino qualche altra forma di servizio alla comunità umana” (79).


Recezione: Il messaggio per la pace dal 1968, la nascita di Pax Christi, il movimento degli obiettori di coscienza e del servizio civile, i Caschi bianchi, le marce della pace, l’educazione alla pace, le posizioni di San Giovanni Paolo II e di Papa Francesco contro la guerra.


9- La mondialità e la cooperazione internazionale (83-90)


Strettamente legati alla promozione della pace e della giustizia il Concilio vede la nascita e la crescita della comunità delle nazioni e delle istituzioni internazionali. La globalizzazione - detta altrimenti come “mutua dipendenza tra tutti gli abitanti e i popoli della terra” - chiede nuovi strumenti di garanzia, soprattutto per i più deboli: profughi, emigranti e loro famiglie, nazioni in via di sviluppo. Anche la cooperazione internazionale (85) è imposta dalla solidarietà e “dovere gravissimo delle nazioni più ricche” (86), soprattutto per salvare la vita di molte persone in nazioni in cui si è assistito a un incremento demografico.
Ogni cristiano deve sentirsi interpellato dalla situazione del mondo, anzi è da favorire - ricorda la costituzione - «quei cristiani, specialmente i giovani, che spontaneamente scelgono la strada del volontariato internazionale o della cooperazione internazionale, offrendo anche una formazione adeguata» (88).


Recezione: sono parole che spingono alla coniugazione evangelizzazione e promozione umana, come farà la Populorum progressio di S. Paolo VI, allo sviluppo nel campo missionario del volontariato internazionale, alla nascita di FOCSIV, tra cui IBO tra i primi, impegno politico nella cooperazione internazionale e allo sviluppo.


10- Strumenti pastorali nuovi: alle origini della Caritas


Il 90 della Gaudium et spes, che conclude la seconda parte della costituzione, si chiude con queste parole: “Il Concilio, poi, dinanzi alle immense sventure che ancora affliggono la maggior parte del genere umano, ritiene assai opportuna la creazione di un organismo della Chiesa universale, al fine di suscitare dovunque la giustizia e l’amore di cristo verso i poveri. Tale organismo avrà per scopo di stimolare la comunità cattolica a promuovere lo sviluppo delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni”.


Recezione: sono parole che confermano l’azione di Caritas Internationalis (nata nel 1954), segnano l’inizio non solo del Pontificio Consiglio Iustitia e pax (1967) e di Cor unum (1971), ma anche di Caritas Italiana (1971), la quale nel suo statuto (in particolare negli artt. 1 e 3) , approfondito successivamente sul piano pastorale nella Carta Pastorale (1995) , oltre che nel suo essere e agire, riprende e interpreta molte delle sollecitazioni conciliari presenti nella Gaudium et spes.


Concludendo


Il Concilio si era aperto nel 1962 con il discorso di S. Giovanni XXIII Gaudet Mater Ecclesia e si chiude con Gaudium et spes. L’immagine di Chiesa che esce dalla Gaudium et spes è quella di una Chiesa non accanto o sopra al mondo, ma nel mondo; una Chiesa solidale con tutti a cominciare dai poveri, persone e popoli; una Chiesa che ascolta e risponde alle domande più profonde degli uomini; una Chiesa che coniuga annuncio, denuncia e testimonianza; una Chiesa fraterna e che apre alla speranza . Non è forse vero che questo documento e questa visione di Chiesa, con le posizioni espresse ancora divide? Anche tra noi? Non è forse vero che forse è il meno conosciuto e che meno si fa conoscere? Anche tra noi? Non è forse vero che è stato ripreso da molti documenti pontifici? Non è forse vero – contrariamente a quanto affermato dallo storico Alberigo – che questo documento conciliare è quello che più di tutti è dinamico, mostra il popolo di Dio in cammino? Non è forse vero che questo documento, più di altri, ha segnato un punto di partenza più che di arrivo e che chiede che alcuni valori affermatisi traducano in scelte etiche e sociali, come ci ha aiutato a fare il magistero sociale post-conciliare, dall’ enciclica Populorum Progressio (1967) all’enciclica Fratelli tutti (2020)?


Ferrara 16/03/2023

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1 CARITAS ITALIANA, La Chiesa della carità, a cura di G. Perego, Bologna, EDB, 2009.
2 CARITAS ITALIANA, Statuto, Roma, s.t., 1991.
3 CARITAS ITALIANA, Lo riconobbero nello spezzare il pane. Carta pastorale, EDB, Bologna, 1995.
4 L.LORENZETTI, La Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo e l’etica teologica sociale; in: Rivista di teologia morale, 173/2012, p. 48.

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