San Giovanni Bosco, l’uomo delle Beatitudini


San Giovanni Bosco che ha sfidato l’ingiustizia e cercato strade per tutelare la giustizia e la dignità delle persone, soprattutto dei ragazzi e giovani in disagio


Cari fratelli e sorelle, cari confratelli è una gioia essere tra voi e con voi e la comunità dei Salesiani, celebrare il ricordo di S. Giovanni Bosco. Con lo sguardo alla testimonianza di fede e all’impegno educativo di S. Giovanni Bosco ci mettiamo in ascolto della parola di Dio. La pagina del libro di Sofonia è un invito a cercare la giustizia, che significa imparare lo stile del Signore di povertà e umiltà, di verità e rispetto di ogni persona. “Certo la parola “giustizia” può essere sinonimo di fedeltà alla volontà di Dio con tutta la nostra vita, ma se le diamo un senso molto generale dimentichiamo che si manifesta specialmente nella giustizia con gli indifesi” (G.E.79), ci ha ricordato Papa Francesco. Carità e giustizia camminano sempre insieme (cfr. G.S.69), come ci ha testimoniato l’esempio di santità di S. Giovanni Bosco, che non si è limitato nel suo lavoro pastorale ad assistere soprattutto i ragazzi e i giovani della periferia di Torino, ma si è impegnato a costruire un cammino educativo loro, nel rispetto della dignità di ciascuno e valorizzando le loro capacità. L’Oratorio, la scuola bottega poi scuola professionale, i Collegi e poi le comunità per minori in difficoltà o non accompagnati nascono da questa attenzione unita a un’esperienza di preghiera e di condivisione con questi ragazzi. E’ un’attenzione, quella ai ragazzi e ai giovani dentro la Chiesa, arricchita anche dallo Sport – non è un caso che anche a Ferrara nasce in questo oratorio salesiano la Spal -, dalla musica, dai campiscuola, dall’arte: ogni dimensione umana per don Bosco era anche una realtà cristiana. La pagina della lettera ai Corinti dell’apostolo Paolo sottolinea le caratteristiche della giustizia di Dio, diversa da quella umana, perché quello che è debole diventa forte, quello disprezzato diventa importante, quello che non è comprensibile per il mondo diventa comprensibile a Dio. Lo stesso Gesù, nei suoi gesti e nelle sue parole contraddice la logica del mondo e inaugura una nuova sapienza, giustizia, santificazione e redenzione. Le Beatitudini evangeliche, presentate dalla pagina evangelica di Matteo, sono la traduzione di questa logica di Cristo, di questo nuovo stile di vita, “controcorrente “a cui siamo chiamati come cristiani e di cui San Giovanni Bosco è stato un testimone. La prima beatitudine è ‘beati i poveri in spirito’. Il cuore, i sentimenti, la nostra interiorità sono la prima cosa a cui dobbiamo dare valore e non le cose materiali. E’ dal cuore che nasce la nostra sicurezza. Se il cuore è chiuso, vuoto, lontano, che cede alla tentazione del desiderio aperto solo all’io e non al tu e al noi, siamo soli e quindi insicuri. E allora la prima domanda: cosa conta più per noi il cuore o le cose? Un cuore libero, povero, che si affida, che si apre è riempito da Dio e dagli altri, dai due amori cristiani. E’ il primo passo del nostro cammino: “Essere poveri nel cuore” (G.E. 70) significa non affidare la nostra vita ai consumi, all’accumulo, ma di vivere di sobrietà, di consumi anche critici, di condivisione più che di accumulo, di risparmi, ma solo se in funzione di un bene condiviso. Da questo San Giovanni Bosco ha imparato l’importanza dell’educazione del cuore, che caratterizza il metodo educativo salesiano. Scriveva don Bosco: “L’educazione è cosa di cuore: tutto il lavoro parte da qui, e se il cuore non c’è, il lavoro è difficile e l’esito è incerto. Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati”. Un cuore nuovo ha, poi, dei sentimenti nuovi, che sono i passi della vita cristiana. Il primo passo è la mitezza. Significa non scegliere l’arroganza, la presunzione. I miti erediteranno la terra, cioè trasformeranno la vita, le relazioni, la città. Il secondo passo è il pianto. Chi non sperimenta questo fatto? Il pianto può dire sofferenza, ma anche condivisione, può aprire alla fiducia, alla speranza; ma può dire anche disperazione. “Saper piangere con gli altri” (G.E 76) è un gesto di condivisione del dolore, uno dei luoghi fondamentali per essere vicini alle persone. Il terzo passo è la ricerca della giustizia, di cui ci ha parlato anche il profeta Sofonia e l’apostolo Paolo. Non è la giustizia fatta di interessi particolari, ma che guarda soprattutto ai più poveri, ai deboli. La giustizia è uguale per tutti si legge nelle aule dei tribunali, ma noi sappiamo come questo diritto fatichi ad essere esigibile soprattutto per i più deboli, per gli ultimi. Cercare la giustizia con fame e sete è un passo importante nel cammino quotidiano della santità, anche nelle piccole cose: oggi si esaltano i furbi più che i giusti; chi cerca di sfuggire ai propri doveri, piuttosto di chi rispetta (cfr. G. E. 77-79). Anche quando siamo perseguitati, perché cerchiamo la giustizia non dobbiamo cedere: è l’esempio di San Giovanni Bosco che ha sfidato l’ingiustizia e cercato strade per tutelare la giustizia e la dignità delle persone, soprattutto dei ragazzi e giovani in disagio, costretti anche a lasciare l’Italia per emigrare in Brasile o Argentina. Il quarto passo è la misericordia. Il perdono non è facile, ma c’è stato chi ne è stato capace, anche dopo tragedie. Senza perdono l’odio permane nel nostro cuore. Memoria e perdono possono camminare insieme e informare un cammino nuovo nella storia. Il quinto passo è la pace. La pace nasce dalla giustizia, dal perdono, dalla solidarietà. La pace nasce dall’attenzione al cuore più che alle cose: l’avidità genera la guerra, la prepotenza genera la guerra. Ma la pace nasce anche dalle nostre scelte: di non affidare alle armi la nostra sicurezza, perché è pura illusione che le armi generino la pace e la sicurezza: in realtà, producono insicurezza oltre che costi che impoveriscono chi è già povero e debole. San Giovanni XXIII scriveva: “Non c’è pace senza disarmo. Non c’è disarmo se non tacciono i cannoni, se non si smontano, oltre alle rampe missilistiche, anche gli spiriti. La pace non si regge sull’equilibrio degli armamenti, ma solo sulla vicendevole fiducia, sul disarmo dei cuori (cfr. Giovanni XXIII, Pacem in Terris, n. 113). Non si tratta solo di superare la guerra, le armi che la alimentano, ma anche i conflitti che nascono nelle nostre famiglie, comunità, città, diventando seminatori di pace (cfr. G.E. 89).Cari fratelli e sorelle, le Beatitudini evangeliche, con i loro cinque passi, che hanno guidato anche l’azione di San Giovanni Bosco, ricordano anche a noi che la vita cristiana non è a pezzi, a tempi distinti, ma è una scelta di stile di vita ogni giorno. San Giovanni Bosco è stato un uomo delle Beatitudini, perché con il suo esempio ci ha ricordato che la vita cristiana non è fatta di atti, ma di scelte fondamentali che toccano, mente, cuore, volontà, le diverse stagioni della vita e della storia, i diversi luoghi della vita. Le Beatitudini, in altri termini, confermano il nesso stretto della fede con la realtà e invitano a non ridurre la fede solo a pura conoscenza e a legarla alla vita e alle scelte di ogni giorno. Così sia.

Ferrara 29/01/2023

Commenti

Post popolari in questo blog

Il Beato Bonfadini: angelo della fede e della carità

Il confronto diretto con mons. Perego sul tema delle migrazioni

Celebrare e vivere in spirito e verità