L’amore al prossimo e soprattutto ai nemici



Il cammino sinodale ci chiede più partecipazione alla vita della comunità, sentirsi responsabili gli uni degli altri...


Cari fratelli e sorelle, ho accolto volentieri l’invito di don Andrea di celebrare questa Eucaristia domenicale con voi e di incontrare poi i Consigli parrocchiali, anche in vista di un cammino verso le unità pastorali che stiamo costruendo nella nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio. Abbiamo ascoltato insieme la parola di Dio di oggi, Parola di vita e Parola di speranza. La pagina del Levitico ci ha riproposto l’invito del Signore a Mosè, perché il popolo non cessi di camminare nella santità. E’ un cammino, quello della santità, che non è costruito su fatti, gesti straordinari, ma sulla qualità delle relazioni quotidiane, dei gesti e sentimenti comuni che devono essere guidati dall’amore a Dio e al prossimo. L’amore al prossimo, in particolare, ricorda il Levitico, chiede di convertire il cuore, i sentimenti, gli atteggiamenti così da scegliere sempre di dire la verità, anche quando costa; di non serbare rancore o, peggio ancora, maturare vendetta nei confronti degli altri. Come ricordavano i teologi medioevali, le corde dell’anima sono l’intelligenza e il cuore, la contemplazione e la condivisione. E questo amore noi lo impariamo da Dio, il Creatore, dal solo che è il Signore, ricorda il Levitico. La pagina di S. Paolo ai Corinzi ci ricorda anzitutto che ogni cristiano è “tempio di Dio”, in lui abita il Signore. Siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Per questo, ogni nostra capacità – intelligenza, cuore – proviene da Dio. Ciò che noi riusciamo a realizzare nella vita e nella vita cristiana dipende certo anche dalla nostra libertà, ma soprattutto dai doni che Dio ci ha dato. Da qui, la nostra fede è anzitutto riconoscenza a Dio, ma anche metterci alla scuola di Dio perché la nostra vita, le nostre scelte siano da Lui educate. Comprendiamo allora perché la pagina evangelica di Matteo chiede a noi cristiani alcune scelte: la scelta di abbandonare la vendetta, la scelta del non reagire alla violenza, la scelta della rinuncia, la scelta della condivisione. Di più il Signore ci chiede non solo di amare il prossimo, ma anche tra il prossimo chi è il nemico, pregando per loro, non togliendogli il saluto. La vita cristiana è questo, ci ricorda Matteo. E andando a leggere la storia della Chiesa non è forse vero che questo ci hanno insegnato i martiri di ieri e di oggi, i santi, i nostri patroni? Cosa insegna il vostro patrono S. Francesco d’Assisi se non la pace, la condivisione, la salvaguardia del creato, l’amore ai nemici, la fraternità. Sono gli insegnamenti anche di papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti. Anche il cammino sinodale che stiamo vivendo non serve solo a trasformare le strutture, dalle parrocchie alle unità pastorali, serve soprattutto per trasformare il nostro cuore, perché sappia amare in maniera radicale, come è stato capace S. Francesco. Il cammino sinodale ci chiede più partecipazione alla vita della comunità, sentirsi responsabili gli uni degli altri, con un’attenzione particolare ai piccoli, agli anziani, alle persone e famiglie in difficoltà. Il cammino sinodale ci chiede di condividere anche alcune nostre risorse umane ed economiche per andare incontro a tutta la comunità, sia alla comunità civile che alla comunità ecclesiale. Buoni cristiani e Buoni cittadini, come insegnava ai suoi ragazzi S. Giovanni Bosco. Non è un bel segnale l’individualismo crescente nelle nostre comunità, anche la caduta d’interesse nei confronti delle istituzioni, la scarsa partecipazione politica – come abbiamo visto nelle elezioni della Lombardia e del Lazio dove rispettivamente solo il 40% e il 33% sono andati a votare. La Democrazia, che è costata sangue e impegno di tanti, anche di tanti cristiani, si difende con la partecipazione non con l’astensionismo. Il cammino sinodale chiede più partecipazione alla vita ecclesiale, liturgica, catechistica e caritativa. Le nostre Liturgie talora hanno l’aria di essere sopportate più che animate. Nella Liturgia deve entrare la vita: nella preghiera le sofferenze delle persone, la morte di alcuni, i drammi familiari, le difficoltà nel lavoro, nell’educazione dei figli. La frequenza a intermittenza alle messe domenicali significa che non mettiamo al centro la Domenica, come giorno del Signore. I primi cristiani dicevano: “senza la Domenica non possiamo vivere”. Non possiamo vivere da cristiani senza l’ascolto della Parola, la condivisione fraterna, la preghiera comune, la richiesta di pace e di perdono, e soprattutto senza la comunione eucaristica. Sappiamo la fatica di amare e di perdonare eppure rischiamo di trascurare troppo spesso il sacramento della Riconciliazione. Sappiamo quanta fatica facciamo a vivere la sofferenza, che talora ci porta anche alla disperazione o alla chiusura e perché tardiamo a chiedere il sacramento dei malati, l’unzione degli infermi. Facciamo fatica a considerare importante la formazione permanente, l’educazione alla fede anche da giovani e da adulti, mentre sempre dobbiamo approfondire le ragioni della fede. Il cammino sinodale e l’unità pastorale, i consigli pastorali e degli affari economici devono aiutarci a non trascurare queste tre dimensioni fondamentali della vita cristiana: La Liturgia, la catechesi, la carità. Cari fratelli e sorelle, chiediamo oggi al Signore di camminare insieme per rinnovare la nostra vita cristiana nella chiesa e nel mondo. Viviamo momenti non facili sul piano sociale, economico, culturale e anche ecclesiale. Solo il cammino insieme ci aiuta a rafforzare le convinzioni, ad affrontare le problematiche, a condividere risorse. S. Francesco d’Assisi, vostro patrono, vi accompagni in questo cammino insieme. Così sia.

Serravalle - Fe 19/02/2023

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