Avere cura

 


Cura e compassione sono i primi farmaci che nascono non dall’intelligenza, ma dal cuore.


Cari fratelli e sorelle, cari medici e operatori del mondo sanitario, ogni anno la Chiesa, nella memoria della Beata Vergine di Lourdes, santuario caro ai malati, ci invita a pregare e a riflettere sulla malattia e sulla cura, portando l’attenzione sul malato. Attorno all’Eucarestia oggi, nella Giornata del malato che diventa Giornata eucaristica, portiamo le sofferenze dell’uomo, la nostra fragilità, la fatica della malattia, le vite spezzate e segnate dal terremoto in Turchia e Siria, ma anche il dono della cura, del sacrificio, della compassione, della carità. Il messaggio di papa Francesco quest’anno è un invito: “Abbi cura di lui”. E’ un invito tratto dalla parabola del Buon Samaritano, che Papa Francesco ha commentato nell’enciclica ‘Fratelli tutti’, ricordandoci che anche la cura di un malato trova senso nell’idea di fraternità che unisce gli uomini e le donne tra loro. La storia c’insegna come questa idea di fraternità ha portato a generare nei secoli i diversi luoghi di cura e l’attenzione alle diverse forme di malattie, coniugando cuore e intelligenza. Anche il nostro Ospedale di S. Anna a Ferrara nacque dal cuore e dall’intelligenza di un Vescovo, oggi Beato, Giovanni Tavelli; come la prima pietra di questo ospedale è stata benedetta da un Papa in visita alla nostra città oggi Santo: S. Giovanni Paolo II. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio, Parola di vita. La pagina del profeta Isaia ci parla del Dio della consolazione e della pace, che accarezza e cura i suoi figli come una madre. Tutti voi sperimentate come la malattia – come scrive Papa Francesco – “può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione”. Cura e compassione sono i primi farmaci che nascono non dall’intelligenza, ma dal cuore. E dal cuore nasce anche – come ci insegna la parabola del Buon Samaritano – la condivisione di beni e risorse, la ricerca di un luogo di cura, l’attenzione perché una persona possa avere tutte le cure necessarie. Sappiamo, infatti, quante volte i malati rischiano di essere soli o, in alcuni luoghi, non curati nel momento del bisogno. Nella nostra città e nel nostro contesto di vita, seppur segnato anche da alcune difficoltà e limitazioni, abbiamo il dono di un sistema sanitario universalista, a cui tutti possono avere accesso. Sappiamo, però, in quante parti del mondo – alcune delle quali raggiunti anche da personale sanitario di questo Ospedale – disuguaglianze e violenze, abbandoni segnano la dignità di molte persone, generando ingiustizie. La storia del Buon Samaritano ci insegna che anche un piccolo gesto di cura verso un estraneo “cambia le cose, genera un mondo più fraterno”, ci ricorda papa Francesco. La pagina evangelica di Giovanni ci ha riproposto l’episodio delle nozze di Cana. I protagonisti sono Gesù e sua Madre. E in questo caso, è Maria che induce Gesù a compiere un gesto di attenzione, ad avere compassione di due sposi che rischiavano di non avere vino per gli ospiti del loro matrimonio. Maria, nella vita della Chiesa, è sempre presente soprattutto dove ci sono i piccoli, i fragili, chi ha bisogno di attenzione e di cura. I santuari sono le cliniche dello spirito. Ma anche Maria ci aiuta ad accettare la vulnerabilità, l’avanzare dell’età- come nella visita a Elisabetta. Talvolta noi “temiamo la vulnerabilità e la pervasiva cultura del mercato ci spinge a negarla – ci ricorda quest’anno nel Messaggio per la Giornata papa Francesco. “Per la fragilità non c’è spazio. E così il male, quando irrompe e ci assale, ci lascia a terra tramortiti – continua il Papa. E così inizia l’abbandono, la solitudine. E’ qui che si inserisce la compassione e la cura che la Chiesa deve accompagnare: fermandosi, avvicinandosi, curando e sollevando, per usare i verbi della parabola del Buon Samaritano”. Cari fratelli e sorelle, cari medici e operatori sanitari, l’invito che viene dal Buon Samaritano in questa Giornata mondiale dei malati è a educare il popolo di Dio, ma anche tutta la comunità civile a vincere ogni forma di indifferenza che possa ulteriormente aggravare la fragilità e la malattia e “suggerisce come l’esercizio della fraternità… si possa allargare a una cura organizzata che raggiunga tutti e sia attenta a ogni sofferenza”. La preghiera a nostra Signora di Lourdes, la Vergine e Madre Maria, oggi ci ricorda questa realtà della sofferenza che chiede cuore e intelligenza, lavoro e gratuità, nuovi legami personali, ecclesiali e civili, la profezia di una umanità e fraternità che non trascura e abbandona nessuno nella sofferenza. Così sia.

Ospedale sant'Anna - Cona 11/02/2023


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