San Martino, testimone della fede nelle nostre campagne

 

Non basta condividere le cose, i beni con chi è in difficoltà: bisogna anche regalare tempo, costruire relazioni, consolare gli afflitti...

Cari fratelli e sorelle di Alberlungo, celebriamo oggi S. Martino, vostro patrono. San Martino è il Santo della carità, ma anche il Santo che accompagna le stagioni della vita agricola, il Santo della terra e del lavoro dell’uomo. Un saluto deferente alle autorità civili e militari che si uniscono a noi in questa celebrazione. Da soldato romano S. Martino si convertì al cristianesimo e visse la sua fede tra i soldati per vent’anni, per poi divenire monaco e infine Vescovo di Tours, dedicando molto tempo all’evangelizzazione delle campagne. Per questo la vostra comunità, che ha sempre vissuto di agricoltura, ha scelto S. Martino come patrono. S. Martino passò la sua vita tra la Francia e l’Italia, dove si diffuse particolarmente il suo culto. Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio, che ha ispirato la vita di s. Martino. La pagina di Isaia ci ricorda che il Signore manda i suoi servi, tutti noi, ciascuno secondo il suo ruolo, a evangelizzare i poveri e a testimoniare la carità, fasciando anzitutto le ferite nel corpo e nell’anima. I malati, anche oggi, non sono solo nel corpo, ma anche nell’anima. Non basta condividere le cose, i beni con chi è in difficoltà: bisogna anche regalare tempo, costruire relazioni, consolare gli afflitti. Siamo anche chiamati a promuovere la libertà. Non solo la libertà di parola, di movimento, ma anche dai condizionamenti, dai consumi. Siamo infine chiamati a generare speranza, ‘olio di letizia’, in una società dove violenze, incomprensioni, sofferenze generano solitudine, tristezza, disperazione. S. Martino ha seminato gesti di carità e di speranza nella sua vita, simboleggiati dalla tradizione in quel mantello tagliato in due per coprire un povero. La pagina evangelica di Matteo ci ricorda le opere di misericordia corporale come strada del Paradiso, ma anche strada di santità del quotidiano, strada di giustizia nella vita di città e di paese. La prima opera di misericordia che il Vangelo ci ricorda è “Avevo fame e mi hai dato da mangiare”. Non possiamo essere indifferenti di fronte alla povertà, ai poveri tra noi, nelle nostre comunità, nelle nostre città, nel mondo. Sono i volti che conosciamo di chi perde il lavoro o non riesce a trovarlo, di chi non arriva a fine mese, di chi senza casa frequenta le mense della Caritas o di altri conventi e associazioni, di chi nel mondo muore di fame o rischia di morire di fame ogni giorno. Uniti ai volti di chi ha fame ci sono i volti di chi ha sete – ci ricorda la pagina evangelica, perché vive in un territorio desertificato, che subisce i cambiamenti climatici – come abbiamo visto anche nelle nostre terre nei mesi estivi -, i volti di chi nel mondo non ha accesso all’acqua potabile. “Ero straniero e mi hai ospitato” ci ricorda i volti di uomini, donne e bambini alla ricerca di un lavoro o in fuga da guerre, violenze, miseria che da varie città e paesi del mondo arrivano tra noi e spesso sono giudicati, rifiutati, più che accolti. Sono volti che incontriamo anche nelle nostre campagne, lavoratori stagionali, o nelle scuole, figli di questi lavoratori. Ci sono anche persone nude tra i volti del Vangelo. Sono i senza dimora che muoiono di freddo, ma anche chi rimarrà al freddo – bambini, anziani – in questo inverno di guerra alle porte dell’Europa. “Ero malato e mi hai visitato” ci ricorda i volti dei malati che non trovano cure nella propria città, nel proprio Paese e giungono nelle nostre case, nei nostri ospedali. Ma sono anche i volti di troppe persone sole, anziane non autosufficienti nelle case di riposo e di cura che non hanno chi viene a visitarli. La pagina evangelica ci ricorda anche i carcerati, i detenuti nelle carceri anche della nostra città, che non sempre sono tutelati e accompagnati, educati a una vita alternativa. Infine, si ricorda che sono beati, santi, molti uomini e donne che sono anche caduti, vittime di violenze e attentati, ma anche nelle guerre, ancora oggi, ricercavano alcuni di questi volti e amavano la giustizia, che questi volti richiamano. San Martino ci ricorda questi volti dei poveri e il nostro impegno di testimonianza della carità e di giustizia a livello personale e comunitaria, con quello stile ricordato dall’apostolo Paolo ieri alla comunità di Corinto e oggi alla nostra comunità di Alberlungo: la pazienza, perché i risultati di un gesto di carità, anche educativo, non si hanno subito; la ricerca del bene dell’altra persona, l’umiltà, il perdono e anche accettare la non riconoscenza, la verità, anche nel considerare una situazione, la speranza anche nei confronti degli insuccessi. La carità non avrà mai fine, ci ricorda l’apostolo Paolo, e chiede un impegno continuo. S. Martino è stato un testimone di questa carità, anche nella ricerca della verità. Cari fratelli e sorelle, chiediamo al Signore, per intercessione di S. Martino, vostro patrono, che maturi in ciascuno di noi uno stile di carità e giustizia, di amore, e ci regali la gioia e la speranza, anche in questi tempi non facili, perché il Vangelo possa correre nelle nostre strade e città con i piedi di nuovi evangelizzatori e testimoni, come S. Martino. Così sia.

Alberlungo - Fe 11/11/2022

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